Anomalia del Mar Baltico: UFO sommerso o formazione naturale?

Nel cuore gelido del Golfo di Botnia, tra Svezia e Finlandia, giace un enigma che dal 2011 affascina il mondo: l’Anomalia del Mar Baltico. Si tratta di uno strano oggetto sottomarino misterioso individuato sul fondale, protagonista di un caso investigativo che mescola ricerca scientifica, ipotesi estreme e suggestioni mediatiche. In questo dossier ricostruiamo la vicenda dell’anomalia in ordine cronologico, dalle prime rilevazioni sonar alle immersioni, esaminando il contesto storico dei suoi scopritori e le teorie formulate.

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Ocean X Team: cacciatori di tesori e tecnologie subacquee

Dietro la scoperta dell’anomalia vi è l’Ocean X Team, un gruppo svedese di esploratori subacquei guidati da Peter Lindberg e Dennis Åsberg. La loro storia inizia negli anni ’90, quando Lindberg – un cercatore di relitti sommersi – rintracciò un’antica goletta affondata nel Mar Baltico. Nel 1997 la squadra di Lindberg recuperò infatti il carico intatto di 2.400 bottiglie di champagne da un relitto della prima guerra mondiale, vendendole all’asta con grande clamore. Forte di quel successo, Lindberg fondò con l’amico Åsberg la Ocean X, specializzandosi in caccia ai tesori subacquei e nel recupero di reperti storici.

Il luogo del ritrovamento.

Operando con tecnologie e metodologie relativamente accessibili per esploratori privati (come sonar a scansione laterale, ROV – robot sottomarini a comando remoto – e immersioni con sommozzatori esperti), l’Ocean X Team si è fatto un nome perlustrando i fondali del Baltico alla ricerca di relitti e carichi di valore. Nel 2011-2012 il team disponeva di imbarcazioni equipaggiate con sonar e strumentazione di navigazione marina standard, sufficienti per individuare anomalie sul fondo marino fino a centinaia di metri di profondità. Tuttavia, va notato che non si trattava di scienziati accademici né avevano i mezzi dei grandi istituti oceanografici: il loro sonar, ad esempio, fu in seguito definito “poco accurato” da alcuni esperti, a causa di una probabile configurazione non ottimale. Nonostante ciò, la passione e l’esperienza di Ocean X li hanno portati a una scoperta che sarebbe diventata rapidamente famosa: uno strano eco sonar circolare sul fondo del Mar Baltico settentrionale.

La scoperta dell’Anomalia del Mar Baltico (2011-2012): cronaca di un mistero

Il rilevamento sonar iniziale (giugno 2011)

Il 19 giugno 2011, durante una delle sue spedizioni di ricerca, l’Ocean X Team incappò in qualcosa di inatteso. Mentre scandagliavano il fondale tra Svezia e Finlandia a caccia di un relitto, i sonar di bordo registrarono un’immagine insolita. Sugli schermi apparve una struttura di forma quasi perfettamente circolare, dal diametro stimato intorno a 60 metri (le fonti variano tra ~18 m e ~60 m, ma il team in seguito parlò di circa 60 metri). L’oggetto giaceva ad oltre 80–90 metri di profondità, e presentava accanto a sé un dettaglio curioso: una lunga scia rettilinea di circa 300 metri sul fondale, come una pista o traccia di trascinamento dietro al presunto oggetto. Questa striscia piatta sembrava suggerire che il misterioso corpo avesse urtato o strisciato sul fondo marino per qualche centinaio di metri prima di fermarsi.

Il team, sorpreso da quell’eco anomalo, osservò anche un fenomeno inquietante: in presenza dell’oggetto i loro strumenti elettronici cominciarono a dare problemi. Apparecchiature elettriche e persino il telefono satellitare di bordo cessarono di funzionare quando la barca stazionava sopra l’anomalia, tornando operative solo allontanandosi di un paio di centinaia di metri. Questo “interferire” misterioso fu annotato con stupore dai membri di Ocean X, aggiungendo un ulteriore alone di mistero alla scoperta. “Tutto ciò che è elettrico lì sopra smetteva di funzionare, anche il telefono satellitare. Poi, una volta a circa 200 metri di distanza, tornava tutto normale.”, riferì Stefan Hogerborn, sommozzatore professionista del team.

Immagine originale dal Sonar di Ocean X.

Consapevoli della portata potenzialmente sensazionale della scoperta, Lindberg e Åsberg decisero inizialmente di mantenere segreta la notizia. Tornati alla base a Stoccolma, analizzarono per settimane i dati sonar nel tentativo di dare una spiegazione a quell’eco. Solo dopo questo periodo di studio silenzioso, non avendo trovato risposte certe, i leader di Ocean X inviarono alcune immagini sonar ai giornali svedesi. Era l’inizio di un’attenzione mediatica destinata a crescere a dismisura: nel giro di pochi mesi la notizia dell’“anomalia del Baltico” fece il giro del mondo, rimbalzando su testate e siti web spesso in toni sensazionalistici.

La spedizione del 2012: immersioni, anomalie strumentali e prime analisi

Sull’onda di questo interesse – e spinti dalla propria curiosità professionale – i membri di Ocean X organizzarono una nuova spedizione nell’estate 2012 per esaminare da vicino l’anomalia e prelevare campioni. Il 1º giugno 2012, a un anno esatto dalla scoperta iniziale, Lindberg, Åsberg e il loro team (compresi esperti tecnici e subacquei) salparono equipaggiati di tutto punto, determinati a scoprire la natura del misterioso oggetto. La spedizione però incontrò subito difficoltà quasi “di natura soprannaturale”: prima una violenta tempesta li costrinse a interrompere la rotta, poi – una volta giunti nell’area – persero in mare il loro sonar mentre cercavano di rilocalizzare l’anomalia sul fondale. Fortunatamente riuscirono a recuperare e riparare il dispositivo, ma questi incidenti non fecero che aumentare l’attenzione e le speculazioni dei curiosi: alcuni sostenitori del mistero li interpretarono addirittura come segni di una sorta di “maledizione” o effetto paranormale legato all’oggetto.

Superati i contrattempi, Ocean X riuscì finalmente a individuare di nuovo la struttura sul fondo e iniziò l’esplorazione diretta. Servendosi di un ROV (un piccolo sottomarino a comando remoto), la squadra per prima cosa raccolse un frammento del materiale per poterlo analizzare in laboratorio. Si verificò che la zona non presentasse livelli di radiazione anomali, quindi due sommozzatori – il già citato Stefan Hogerborn e un altro collega – si immersero nelle gelide acque del Baltico per osservare da vicino l’anomalia. L’immersione, a quasi 90 metri di profondità e in acque di soli ~6 °C, era di per sé rischiosa; inoltre, dai sensori emerse un ulteriore elemento peculiare: proprio attorno all’oggetto l’acqua risultava insolitamente più fredda, circa -1 °C, cioè al di sotto del punto di congelamento in acqua salmastra. Queste condizioni ostili limitarono il tempo sul fondo: i sommozzatori poterono trattenersi solo circa 10 minuti prima di risalire, per sicurezza.

In quei pochi minuti sul fondo, i sub registrarono osservazioni cruciali. L’oggetto appariva come una struttura massiccia, alta circa 3–4 metri dal fondale, con una cima circolare ampia – descritta da alcuni come simile a un enorme “fungo di pietra” con base stretta e parte superiore larga. La superficie esterna dava l’impressione di cemento o roccia levigata, ma al tocco rivelava sotto la patina chiara uno strato scuro: in altre parole, “cambiava colore diventando nera” al contatto, secondo la testimonianza dei sub. Su questa superficie furono notate formazioni particolari, fra cui degli allineamenti di piccole rocce che sembravano disposte come attorno a focolari o cerchi di pietre, con segni di bruciature; i sommozzatori li descrissero come “piccoli focolai” di pietra annerita disseminati qua e là. Inoltre, confermando il dato del sonar, videro distintamente il grande solco che si estendeva dietro l’oggetto, come una scia lasciata da un impatto o un trascinamento sul fondo sabbioso. Un sommozzatore lo descrisse come “un canyon nel fondale che parte dall’oggetto” e indicò addirittura la presenza di una seconda struttura a circa 200 metri di distanza dal disco principale, collegata da un’altra traccia: “Abbiamo trovato anche un secondo oggetto, contemporaneamente al primo, ma non essendo circolare all’epoca ci concentravamo sul cerchio” rivelò in seguito Dennis Åsberg. Vicino al cerchio principale notarono inoltre quella che parve essere una formazione a gradini: una sorta di “scala” di roccia che conduceva a un buco oscuro al centro della struttura. Questo dettaglio dello “scalino” naturale (o artificiale) colpì molto l’immaginazione: Lindberg stesso parlò di “strane formazioni a scalini” difficili da spiegare come fenomeno geologico ordinario.

Raccolti alcuni campioni di roccia dall’anomalia e dall’area circostante, il team fece ritorno in superficie e poi a terra per analizzarli. Al termine di questa seconda spedizione, però, regnava ancora l’incertezza. L’Ocean X Team, pur avendo ora dati diretti, non disponeva di una spiegazione definitiva. Lindberg e soci si dissero convinti che non potesse trattarsi di una semplice formazione naturale, soprattutto alla luce delle inspiegabili interferenze elettromagnetiche registrate in un raggio di circa 200 metri dall’oggetto. Ma le analisi scientifiche preliminari suggerirono anche ipotesi meno esotiche. Per capire meglio il dibattito che ne seguì, occorre esaminare le varie teorie proposte sulla natura dell’anomalia.

Ricostruzione 3D realizzata dall’artista Hauke Vagt.

Teorie e ipotesi sull’origine dell’oggetto

Fin da quando la Ocean X Team rese pubbliche le immagini sonar e le prime descrizioni, si scatenò un acceso dibattito sull’origine e la natura di questo misterioso oggetto sottomarino. Nel corso degli anni sono emerse numerose teorie – alcune più plausibili, altre decisamente fantasiose – che possiamo raggruppare in diverse categorie. Le principali ipotesi spaziano da spiegazioni geologiche naturali fino a congetture su tecnologie aliene sommerse, passando per l’idea di strutture costruite dall’uomo, abbagli ottici o perfino residuati bellici segreti. Esaminiamole una per una, tenendo presente che finora nessuna è confermata al 100%.

Formazione naturale: l’ipotesi geologica (rocce, ghiacciai o meteoriti)

La maggior parte degli scienziati ed esperti che si sono espressi sul caso propende per una spiegazione naturale, per quanto peculiare. Geologi, oceanografi e studiosi di geomorfologia marina sottolineano che il Mar Baltico è un bacino di origine glaciale, e che dunque non è insolito trovare affioramenti rocciosi dalla forma bizzarra sul fondale, retaggio dell’ultima era glaciale. Una prima sotto-teoria diffusasi online suggeriva ad esempio che l’anomalia potesse essere ciò che resta di un meteorite precipitato in mare millenni fa: a favore di questa ipotesi si citava proprio la presenza del solco posteriore, interpretato come la traccia d’impatto di un bolide cosmico. Tuttavia, i campioni di pietra prelevati dall’Ocean X Team non hanno mostrato tracce tipiche di meteoriti, bensì composizioni ben più comuni.

Il Professor Volker Brüchert, geologo dell’Università di Stoccolma a cui furono consegnati alcuni frammenti, riportò che essi consistevano principalmente di granito, gneiss e arenaria – rocce ordinariamente presenti nelle aree glaciali. Uno dei pezzi analizzati era di natura basaltica (roccia vulcanica scura), apparentemente “fuori posto” rispetto al fondale circostante ma non inspiegabile: secondo Brüchert, poteva trattarsi di un masso erratico trasportato lì dai ghiacci. In effetti, spiegò il professore, tutto il nord del Baltico è stato modellato dallo scioglimento dei ghiacciai: processi glaciali e post-glaciali potrebbero aver formato sia la struttura particolare sul fondo sia aver depositato materiali eterogenei in loco. L’ipotesi è che l’“oggetto” non sia altro che un affioramento roccioso – forse una collinetta sottomarina chiamata drumlin – plasmato dall’erosione dei ghiacci, e che il “solco” dietro di esso sia anch’esso il risultato di movimenti glaciali sul substrato In parole povere, l’anomalia potrebbe essere una curiosa formazione geologica creata dai ghiacciai decine di migliaia di anni fa, poi sommersa dall’innalzamento del mare.

Altri geologi hanno suggerito varianti di questa spiegazione naturale: c’è chi ipotizza un semplice affioramento di roccia sedimentaria (ad esempio arenaria dalle forme regolari), chi parla di un accumulo di massi depositati (una moraine glaciale), e persino chi accennò a lave pillow basaltiche (cioè lave sottomarine solidificate in forme tondeggianti). Va detto che il Baltico non è zona di vulcani attivi da ere geologiche – il substrato della regione, il cratone fennoscandiano, è privo di vulcanismo recente – quindi l’ipotesi vulcanica è considerata remota dagli esperti locali. Più realisticamente, come ha riassunto il geologo svedese Martin Jakobsson, un insieme di massi trasportati dai ghiacci può occasionalmente presentare simmetrie insolite: “La formazione è strana, perfettamente circolare, ma la natura ha prodotto cose più strane” ha commentato un archeologo marino, ricordando che non si può escludere comunque un’origine naturale nonostante l’aspetto curioso.

Un elemento a favore della tesi geologica è giunto proprio dalle analisi di Brüchert: i campioni contenevano anche minerali come limonite e goethite, ossidi di ferro che possono formarsi tramite processi naturali (ad esempio depositi ferrosi concrezionati). In altre parole, nulla di quanto esaminato finora richiede necessariamente una mano “intelligente” o tecnologica. Tuttavia, c’è un importante elemento da notare: i frammenti recuperati provenivano dalla superficie esterna dell’oggetto, quindi non sappiamo cosa ci sia all’interno o sotto di esso. Questa precisazione ha lasciato aperta la porta a speculazioni: e se la crosta rocciosa fosse solo un rivestimento, depositatosi su qualcos’altro? Ad ogni modo, per la comunità scientifica l’ipotesi più conservativa e plausibile resta quella naturale. Come ha dichiarato in modo colorito lo scienziato Charles Paull del Monterey Bay Aquarium Research Institute, la storia è “curiosa e divertente, ma tanto rumore per nulla” – secondo lui probabilmente si tratta di un semplice affioramento roccioso o magari di un banco di pesci male interpretato dal sonar. In sintesi, dall’ottica geologica l’anomalia del Baltico non sarebbe affatto un “oggetto” isolato di fattura aliena o umana, ma un pezzo di natura: singolare a vedersi, ma spiegabile con processi terrestri (glaciazioni, erosione, deposizione di sedimenti).

Struttura artificiale: antiche civiltà o costruzioni umane sommerse

Un’altra linea di ipotesi immagina che l’anomalia possa essere qualcosa di costruito dall’uomo, ora sommerso. Dato l’aspetto apparentemente “progettato” del cerchio (con linee rette e angoli retti in alcune immagini sonar), alcuni hanno speculato che si tratti di una rovina archeologica o di un’opera umana finita in fondo al mare in epoche remote. Si è parlato, ad esempio, dei possibili resti di un’antica civiltà pre-glaciale: templi o monumenti eretti prima dell’ultima Era Glaciale e poi affondati con lo scioglimento dei ghiacci. L’idea evoca inevitabilmente la leggenda di Atlantide, la città perduta citata da Platone – e infatti la suggestione “atlantidea” è emersa nelle interviste degli stessi scopritori. Peter Lindberg ha dichiarato in radio che, se l’oggetto fosse effettivamente una costruzione intenzionale, dovrebbe risalire a decine di migliaia di anni fa, prima dell’Età Glaciale. “Se fosse Atlantide, sarebbe davvero sorprendente” ha aggiunto Lindberg, quasi scherzando ma non troppo. Questa frase fece titolo su varie testate, contribuendo a diffondere l’ipotesi di una sorta di “Stonehenge subacquea” o di una struttura megalitica sommersa di origine sconosciuta.

Parallelamente, c’è chi ha ipotizzato origini più moderne ma comunque artificiali: ad esempio che si tratti dei resti di un’antica installazione portuale o di una piattaforma costruita dall’uomo in tempi più recenti e poi sprofondata. Una teoria circolata tra alcuni membri di forum era che l’oggetto potesse essere il fondale di un castello o torre medievale collassata in mare per erosione delle coste (benché l’area attuale sia in acque profonde, quindi poco compatibile con insediamenti umani noti). Altri, guardando le immagini sonar, vi hanno visto una forma che ricorda certe strutture circolari di cemento: ad esempio basi di torri o fortificazioni costiere. Tuttavia, non esistono reperti storici che indichino una costruzione umana in quel punto del Baltico, né le analisi hanno trovato tracce di lavorazione artificiale (come metallo lavorato, resti di mura, etc.) al momento.

Ipotesi delle componenti della struttura sommersa. Fonte: Reddit.

Un caso a parte, a metà tra il bellico e l’archeologico, è l’ipotesi che l’anomalia sia collegata a strutture militari segrete o perdute (di cui parliamo meglio oltre). Qui basti citare un’ipotesi “ibrida” avanzata da alcuni: che possa trattarsi dei ruderi di un antico bunker sommerso o base militare, magari successivamente impiegati o modificati dall’uomo in epoca bellica. Queste congetture sfumano facilmente nella fantarcheologia e non hanno finora riscontri concreti, ma sono state alimentate proprio dall’aura misteriosa attorno all’oggetto e dal fatto che esso ricordi vagamente qualcosa di artificiale a chi osserva le ricostruzioni grafiche. Va ricordato che l’unica immagine reale disponibile è quella sonar, sgranata e ambigua; molte illustrazioni diffuse online (anche dallo stesso team) sono rielaborazioni artistiche che accentuano l’aspetto “costruito” del presunto oggetto. Ad esempio, un disegno in 3D realizzato dall’artista Hauke Vagt – basato sulle descrizioni di Lindberg – mostra il cerchio con forme geometriche nitide e gradoni, facendolo sembrare quasi una nave spaziale; Lindberg lo definì “la rappresentazione più vicina finora” alla realtà. Questo tipo di immagini, però, non è una prova fotografica, e anzi gli esperti mettono in guardia: potrebbero aver suggestionato molti a credere in un’origine artificiale. Infatti, come vedremo, alcuni scienziati ritengono che l’aspetto “UFO” sia in parte un’illusione creata da contorni disegnati sulle immagini sonar.

In assenza di ulteriori rilievi ad alta definizione, l’ipotesi della struttura artificiale antica resta affascinante ma speculativa. È innegabile però che l’idea di un monumento preistorico sommerso abbia catturato l’immaginazione popolare: il soprannome “Stonehenge del Mar Baltico” è apparso su alcuni media. E in senso lato, l’anomalia è stata accostata ad altri misteri sottomarini come le strutture sommerse di Yonaguni in Giappone.

La Piramide sommersa di Yonaguni, Giappone.

Finché non si potrà scavare o ispezionare a fondo il sito, rimarrà il dubbio: natura bizzarra o antica opera umana dimenticata?

Ipotesi militari: armi segrete, residuati bellici o tecnologia nazista

Un capitolo a parte meritano le teorie di matrice militare. Il Mar Baltico è stato teatro di intensi eventi bellici soprattutto durante la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda e non manca chi pensa che l’anomalia possa avere a che fare con qualche congegno militare segreto di quel periodo. Le congetture in questo filone sono diverse. Una suggerisce che possa trattarsi di un dispositivo anti-sottomarini tedesco della Seconda Guerra Mondiale: ad esempio, una base per reti antisommergibile o persino un esperimento di arma acustica. Un’altra teoria popolare ipotizza che l’oggetto sia la torretta di una nave da guerra o di un cannone costiero. In effetti, osservando la forma circolare, qualcuno vi ha visto somiglianze con la base di una torretta di corazzata (anche se dimensioni e contesto geologico rendono difficile tale spiegazione).

C’è poi la suggestione, molto amata dai media, di una connessione con i nazisti: articoli e blog hanno titolato sulla possibilità che l’anomalia fosse in realtà una “arma segreta nazista” o l’ingresso di un bunker sotterraneo costruito dal Terzo Reich. Questa ipotesi nasce dal mix di mistero tecnologico e di elementi come il comportamento elettromagnetico insolito (che qualcuno ha paragonato a quello di certe leggende sulle Wunderwaffen naziste). Nel novembre 2012 un articolo dell’Huffington Post riferiva rumor secondo cui l’oggetto potesse essere collegato a tecnologie belliche tedesche sperimentali. Alcuni ricordano che il Baltico fu percorso da numerosi U-Boot e operazioni segrete: non è impossibile che giaccia sul fondo equipaggiamento bellico peculiare, magari classificato. Ad esempio, una teoria minore suppone che potrebbe trattarsi di un dispositivo bellico affondato, come un prototipo di mina subacquea avanzata o addirittura il relitto di un velivolo militare di forma discoidale.

Tuttavia, finora nessun reperto tipicamente “militare” è stato trovato in associazione all’anomalia. Né rottami metallici noti, né parti riconoscibili di mezzi (numero di serie, parti meccaniche identificate, etc.). Se davvero fosse qualcosa di artificiale risalente alla WWII, ci si aspetterebbe forse di rinvenire acciaio, bronzo, cavi o simili. Invece i campioni analizzati erano tutti pietre e minerali naturali. Ciò non esclude al 100% una natura bellica (potrebbe esserci un corpo metallico coperto da depositi rocciosi), ma rende l’ipotesi meno probante. Anche l’idea del bunker segreto appare di difficile realizzazione, considerando che l’area è a quasi 90 m di profondità in acque internazionali. Eppure l’ipotesi militare è stata abbastanza discussa da ottenere persino smentite indirette: ad esempio, un esperto dell’aeronautica svedese intervistato sul caso disse che non risultava alcuna tecnologia bellica nota corrispondente a quella forma in quella posizione (suggerendo piuttosto una spiegazione geologica).

Malgrado la carenza di indizi a favore, le teorie sui nazisti e affini hanno prosperato perché aggiungono fascino cospirativo alla vicenda. L’Anomalia del Mar Baltico è stata chiamata talvolta “la Roswell del mare”, alludendo a un potenziale insabbiamento militare o governativo dietro il mistero. Finora, però, non è emersa alcuna evidenza concreta che colleghi l’oggetto a installazioni umane militari note.

Tecnologia aliena (USO): l’ipotesi di un UFO sommerso

Infine, la più avventurosa (e mediatica) delle ipotesi: quella extraterrestre. Fin dall’inizio, la forma circolare dell’anomalia e il suo aspetto “tecnologico” hanno fatto pensare ad alcuni di trovarsi di fronte a un UFO sommerso. In gergo si parlerebbe di USO – Unidentified Submerged Object, ossia “oggetto sommerso non identificato”. Questo termine si ispira al più noto UFO (Unidentified Flying Object), sostituendo “flying” con “submerged” per indicare oggetti sconosciuti che si muovono sott’acqua anziché nei cieli. Nonostante “USO” non implichi necessariamente un’origine aliena (potrebbe indicare qualsiasi cosa di inspiegato nei mari), nell’immaginario comune viene subito associato a ipotetiche astronavi aliene subacquee – specie alla luce di vari racconti ufolofici sugli oceani.

Nel caso del Mar Baltico, l’ipotesi “UFO sommerso” è stata ampiamente cavalcata dai media tabloid, soprattutto dopo che la prima immagine sonar ha mostrato quella sagoma discoidale inconfondibile. Il paragone immediato fu con la Millennium Falcon di Star Wars, l’astronave circolare resa iconica dal cinema.

Immagine del Millennium Falcon (credits Esquire.com/it)

Diversi giornali titolarono la scoperta come un possibile “UFO affondato” o addirittura “astronave aliena sul fondo del Mar Baltico”. Questa teoria misteriosa colpì l’opinione pubblica, portando un’enorme popolarità al caso. I sostenitori dell’ipotesi aliena elencano alcuni elementi a favore: l’insolita perfezione circolare dell’oggetto, le sue dimensioni notevoli (60 m di diametro non sono comuni per un monolite naturale), la presenza del solco dietro di esso (che in quest’ottica diventerebbe la “pista di atterraggio” di una navicella spaziale precipitata), e soprattutto le famose interferenze elettromagnetiche riportate dal team. Quest’ultimo punto è spesso citato come “prova” di una qualche tecnologia attiva o residuo di essa: molti ricordano infatti che anche nell’incidente di Roswell (come in altri casi UFO presunti) si narrano malfunzionamenti di bussole e apparecchi elettronici in prossimità di veicoli alieni. Come già detto, “L’oggetto interferiva con tutte le attrezzature elettroniche finché eravamo sopra di esso” ha confermato uno dei sub di Ocean X, e questo alimenta l’idea di un campo energetico anomalo di origine non terrestre.

Alcuni believer più accesi hanno perfino sostenuto che l’anomalia sia un’astronave aliena precipitata in epoca remotissima, magari 140.000 anni fa (data del periodo interglaciale che precedette la glaciazione di Würm) e rimasta lì ibernata. Si parla di metalli sconosciuti: un geologo affiliato al team, Steve Weiner, avrebbe detto che i suoi test indicavano che la struttura contiene “metalli che la natura non può produrre da sola”. A dire il vero, questa affermazione è stata accolta con scetticismo dalla comunità scientifica, anche perché non è mai stata pubblicata in dettaglio su riviste peer-reviewed. Resta il fatto che il team Ocean X, pur senza avallare direttamente l’ipotesi aliena, non ha escluso scenari straordinari. In interviste, Lindberg e Åsberg hanno ammesso che all’inizio pensavano si sarebbe rivelata una roccia qualsiasi, ma poi di fronte all’ignoto hanno coinvolto esperti che “non avevano mai visto nulla di simile” e hanno iniziato a pensare di aver trovato “qualcosa di veramente incredibile”. Insomma, anche i scopritori non hanno nascosto il loro stupore per l’oggetto e hanno lasciato intendere che potrebbero esserci aspetti non divulgati nell’immediato.

Va ribadito che, ad oggi, non esiste alcuna prova concreta di origine extraterrestre. Nessun frammento o metallo “al di fuori di questo mondo” è stato recuperato; le analisi geochimiche hanno finora rilevato elementi terrestri comuni. E gli scienziati indipendenti consultati (geologi, fisici, biologi marini) concordano nel ritenere l’ipotesi UFO estremamente poco probabile, propendendo per cause naturali. Tuttavia il fascino del mistero alieno è difficile da estirpare, soprattutto nel pubblico generalista. L’idea di un “UFO sommerso nel Mar Baltico” ha generato documentari, discussioni online infinite e paragoni con altre storie di USO nel mondo. È utile ricordare che nella casistica ufologica esistono vari racconti di oggetti volanti non identificati entrati in acqua o avvistati sotto la superficie (dagli avvistamenti del Transmedium di Aguadilla nel 2013, alla mitologia degli “USO” nel Mar dei Caraibi, etc.), il che fornisce un contesto fertile a interpretare qualsiasi anomalia subacquea come potenzialmente aliena.

In definitiva, l’ipotesi extraterrestre rimane la più suggestiva ma non ufficialmente dimostrata. L’USO del Baltico resta una storia affascinante più per le domande che pone che per le risposte che offre.

Effetto ottico o errore strumentale: un’illusione risolvibile?

C’è un’ultima prospettiva da considerare, meno clamorosa ma molto importante: e se non ci fosse affatto un “oggetto” concreto e unico da spiegare? In altre parole, è possibile che l’Anomalia del Mar Baltico sia in parte una illusione dovuta agli strumenti o all’interpretazione umana. Alcuni critici hanno sottolineato che l’immagine sonar originale è a bassa risoluzione e di qualità scadente, quindi potrebbe trarre in inganno. L’ingegnere Hanumant Singh (Woods Hole Oceanographic Institution) ha analizzato il sonar di Ocean X e ha dichiarato che l’immagine prodotta è affetta da diverse distorsioni che la rendono “praticamente inutilizzabile” per identificare una formazione sottomarina. Secondo Singh, il sonar impiegato era economico e forse mal calibrato, e ciò avrebbe generato un output impreciso.

Non solo: un reportage di MSNBC ha suggerito che molto dell’aspetto “disco volante” dell’eco sonar sia stato enfatizzato da contorni grafici tracciati sopra l’immagine, in particolare dai giornali scandalistici. In effetti, la famosa somiglianza con il Millennium Falcon fu in parte dovuta a linee bianche disegnate dal team stesso o dai media, per delineare il profilo circolare e alcune “strutture interne” nel cerchio. Tali aggiunte visive possono aver indotto un bias visivo: l’occhio umano tende a vedere schemi familiari (pareidolia) anche dove i dati grezzi sono confusi. Insomma, l’ipotesi scettica è che il “mistero” sia stato amplificato dall’interpretazione: un insieme di rocce sul fondo è stato scambiato per un oggetto unico e coeso a causa del modo in cui il sonar lo ha rappresentato e di come la mente umana ha collegato i puntini.

Ulteriore benzina sul fuoco di questa interpretazione viene dalla scarsità di riscontri oggettivi: esiste un solo vero rilevamento originale, il sonar del 2011. Tutte le altre immagini circolate in seguito sono o elaborazioni (filtrate, con contorni evidenziati) o addirittura ricostruzioni artistiche e modelli 3D. Non disponiamo di fotografie subacquee nitide né di scansioni sonar ad alta definizione pubblicamente diffuse. Questa carenza di immagini autentiche rende cauti molti ricercatori, che tendono a relegare l’anomalia ai margini della discussione accademica proprio perché il materiale su cui lavorare è limitato e poco chiaro. Finché non si avranno dati più solidi, l’oggetto resterà “non identificato” per definizione, e alcuni scettici ritengono che potrebbe risolversi in un nulla di fatto, ovvero una formazione banale resa enigmatica solo dalla bassa qualità delle osservazioni.

In passato, altri presunti “misteri sottomarini” si sono sgonfiati in questo modo: ad esempio famosi casi di sonogrammi che sembravano mostrare strutture simmetriche si rivelarono poi giochi di ombre o errori di apparecchiatura. Per l’anomalia baltica non è ancora possibile affermarlo con certezza, ma la lezione è di tenere presente che a volte la spiegazione più semplice è un errore di interpretazione. Dopotutto, come scrisse qualcuno, “se senti battere gli zoccoli, pensa a un cavallo prima che a un unicorno”. In quest’ottica, l’anomalia potrebbe essere un banale cavallo (roccioso) scambiato per un unicorno alieno a causa di un miraggio tecnologico. Saranno necessari studi più accurati per fugare del tutto questa possibilità o per confermare qualcosa di straordinario.

Altra ricostruzione 3D dell’oggetto.

L’eredità del mistero: impatto mediatico e sviluppi recenti

Un caso virale tra media, web e cultura pop

Sin dai primi reportage del 2012, l’Anomalia del Mar Baltico ha catturato l’attenzione globale in modo sorprendente. Tutto iniziò, come detto, quando la vicenda trapelò sui media svedesi e poi internazionali: in particolare un articolo del tabloid Daily Mail (giugno 2012) fece esplodere il caso, alimentando speculazioni selvagge su UFO e simili. In poche settimane, testate di tutto il mondo – da CNN a Fox News, da testate italiane come Panorama e Focus, fino a innumerevoli blog e forum online – rilanciarono la notizia con titoli spesso sensazionalistici. L’oggetto veniva definito “UFO sommerso”, “alieno” o paragonato a Atlantide, in alcuni casi esagerando le scarse informazioni disponibili. Questa amplificazione mediatica rese l’anomalia un vero fenomeno virale nell’ambito dei misteri irrisolti.

Tuttavia, non tutta la pubblicità è stata positiva. Col tempo, alcuni media più seri hanno iniziato a trattare il caso con scetticismo, insinuando che potesse trattarsi di una montatura o quantomeno di una vicenda ingigantita per motivi di audience. In generale, man mano che le analisi scientifiche indicavano una spiegazione geologica, l’interesse dei media mainstream è calato, lasciando la vicenda per lo più ai circuiti dei misteri e dell’ufologia. Questo ha avuto un risvolto pratico importante: il reflusso di attenzione e la reputazione un po’ screditata hanno reso difficile ottenere fondi per nuove ricerche. Ocean X Team ha dichiarato che la “cattiva pubblicità” e la percezione dell’anomalia come una trovata hanno fatto sì che i piani per tornare sul sito siano falliti per mancanza di sponsor. In altre parole, dopo il boom iniziale, i finanziatori si sono tirati indietro, forse temendo di associare il proprio nome a qualcosa bollato come pseudo-scienza.

Spedizioni mancate, dichiarazioni ufficiali e situazione attuale

Dopo il 2012, nonostante l’Ocean X Team fosse desideroso di proseguire l’indagine, non sono state effettuate ulteriori spedizioni documentate sull’anomalia per diversi anni. Nessuna istituzione scientifica pubblica ha preso in carico l’esplorazione, anche perché, dal punto di vista geologico, il caso non era ritenuto abbastanza anomalo da giustificare costose missioni. Nel frattempo, il team Ocean X è tornato alle sue consuete attività (come il recupero di relitti storici: celebre il recupero di casse di cognac dalla nave Kyros nel 2019). Ci sono stati, però, sprazzi di rinnovato interesse: nel 2019 Peter Lindberg ha lasciato intendere, in un’intervista, la possibilità di una nuova spedizione grazie a una produzione televisiva a cui il team stava collaborando. In effetti, sul sito di Ocean X nell’estate 2019 apparve la notizia di “una nuova straordinaria scoperta nell’area dell’Anomalia” con rimando ai loro social per maggiori dettagli Si è speculato che possano aver effettuato ulteriori rilievi sonar o con nuovi strumenti (forse con l’ausilio di una troupe TV), e che abbiano trovato qualcosa di interessante vicino al sito originario. Purtroppo i dettagli non sono stati divulgati pubblicamente in modo esteso, segno che forse il progetto televisivo è ancora in fase di sviluppo o vincolato da accordi di esclusiva.

Sul fronte delle dichiarazioni ufficiali, poche novità sono emerse negli ultimi anni. Gli scienziati che si erano espressi nel 2012-2013 hanno mantenuto la loro posizione: ad esempio, il prof. Brüchert confermò in un’email che secondo lui l’oggetto non è altro che una concrezione di rocce glaciali, ribadendo che molte dei campioni erano graniti e arenarie attese in quel contesto. Altri geologi svedesi (Fredrik Klingberg e Martin Jakobsson) hanno pubblicato note in cui spiegavano che la chimica delle rocce è compatibile con noduli di ferro-manganese di origine naturale, presenti non di rado sui fondali. Insomma, la comunità scientifica locale ha archiviato il caso come spiegabile. Non risultano interventi da parte di governi o marine militari: se per alcuni questo silenzio alimenta il sospetto di insabbiamento, più verosimilmente indica che le autorità non attribuiscono al sito rilevanza strategica né minaccia (tant’è che l’area non è interdetta alla navigazione né sorvegliata in modo particolare).

E oggi, a oltre un decennio dalla scoperta, che cosa rimane dell’Anomalia del Mar Baltico?  L’oggetto giace ancora lì, a quasi 90 metri sotto le onde, probabilmente immutato e silenzioso.
In mancanza di ulteriori dati, l’Anomalia del Mar Baltico continua ad alimentare congetture più che certezze. Forse la verità è meno romantica delle teorie estreme, ma finché non verrà fatta una ricerca scientifica completa e trasparente sul posto (ad esempio con moderne scansioni 3D ad alta risoluzione, carotaggi e rilevamenti approfonditi), il dubbio permarrà.

Nel frattempo, il dossier dell’Anomalia del Mar Baltico resta aperto, in attesa di un capitolo finale. Come ha Discovery Channel in un recente articolo, “alcuni segreti rimangono nascosti persino nell’era della tecnologia avanzata. Finché un’indagine scientifica definitiva non farà luce su questo mistero, l’anomalia del Mar Baltico continuerà a ispirare meraviglia, dibattiti e un’incurabile curiosità per le profondità sconosciute”.

Libri consigliati per approfondire

Classe 1988. Laureata in Studi Orientali presso l'Università La Sapienza di Roma, Search Analyst di professione. Amante di storia, archeoastronomia, ufologia e paranormale. Consumatrice patologica di podcast. Nel 2023 ho fondato Lux Aliena, un progetto nato dal desiderio di condividere il viaggio alla scoperta dei misteri irrisolti del nostro pianeta e dell’universo.

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