Incidente di Roswell del 1947: l’UFO crash tra storia, mito e realtà

Nel luglio 1947, vicino a Roswell (Nuovo Messico), il ritrovamento di alcuni rottami diede origine al celebre caso UFO Roswell. Un comunicato del 509th Bomb Group parlò di “disco volante” recuperato; poche ore dopo arrivò la smentita: si trattava pallone meteorologico.
Da qui nacque l’incidente Roswell, al centro di indagini troviamo testimonianze e ipotesi sul progetto Mogul, il recupero di presunti corpi alieni e possibili coperture militari. Oggi resta un simbolo della tensione fra prove documentali e mito. In questo articolo analizziamo cosa accadde a Roswell 1947, le versioni ufficiali, le teorie alternative e lo stato delle prove con approccio critico alle fonti disponibili.

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Indice

Il contesto storico e il crash del 1947

Prima pagina di una testata giornalistica locale (8 luglio 1947)

Nel 1947 l’interesse pubblico per i “dischi volanti” era esploso negli Stati Uniti. Il 24 giugno di quell’anno, il pilota civile Kenneth Arnold riferì di aver avvistato oggetti volanti non identificati, descrivendoli come “flying saucers” (letteralmente “piattini volanti”, poi tradotti in italiano come “dischi volanti”). I media riportarono ampiamente l’episodio, scatenando una vera e propria mania: nelle settimane seguenti centinaia di avvistamenti di “dischi” vennero segnalati in tutto il paese. È in questo clima di curiosità e suggestione che si colloca l’incidente di Roswell, Ricostruiamo, prima di tutto, gli eventi in ordine cronologico

14 giugno 1947: il ritrovamento dei detriti

Il 14 giugno 1947, William “Mac” Brazel – un allevatore di bestiame di Lincoln County, Nuovo Messico – si imbatté in qualcosa di insolito mentre ispezionava i pascoli del ranch dove lavorava, circa 30 miglia a sud-est di Corona. In un’area remota del terreno, Brazel notò sparsi al suolo frammenti brillanti e materiali inconsueti. Si trattava di strisce di gomma, fogli sottili di stagnola dall’aspetto metallico, robusta carta gommata e stecche di legno leggero. All’epoca Brazel era di fretta e non diede troppo peso alla scoperta, limitandosi a spostare alcuni pezzi ai margini. I detriti giacevano su un’area estesa, circa 200 metri in diametro, come se qualcosa si fosse disintegrato in volo per poi cadere sul ranch. Brazel stimò che, raccolti tutti insieme, quei rottami pesassero pochissimi chili – forse 5 libbre in tutto (circa 2,5 kg) – e notò l’assenza di qualsiasi componente metallico riconoscibile come un motore, cavi, fili o strutture meccaniche. C’erano tuttavia elementi curiosi: ad esempio, alcune aste presentavano degli occhielli e vi era del nastro adesivo con motivi decorativi (piccoli fiori stampati) utilizzato nelle giunture. Brazel trovò anche un pezzo di carta con lettere o simboli non meglio identificati. Colpito ma non sapendo che pensare, l’allevatore lasciò i frammenti sul posto per occuparsi dei suoi lavori quotidiani.

Nei giorni successivi, la stampa nazionale iniziò a parlare diffusamente di misteriosi “dischi volanti”. Solo allora Brazel collegò quelle strane “lamine e gomma” nel suo pascolo alla possibilità che fossero i resti di uno di quegli oggetti volanti di cui tutti parlavano. Il 4 luglio 1947, spinto dalla curiosità, Brazel tornò sul luogo del ritrovamento insieme alla moglie e ai figli per raccogliere più detriti possibili. La famiglia riempì alcuni sacchi con i pezzi: un fascio di fogli di stagnola, carta, stecche e nastro adesivo lungo circa un metro e spesso 20 cm, più un fascio separato di brandelli di gomma grigia di circa 50 cm. Brazel non aveva mai visto nulla di simile. In passato gli era capitato di trovare due palloni sonda meteorologici precipitati nel ranch, ma assicurò che quanto rinvenuto “non somigliava affatto” ai palloni meteo tradizionali.

7–8 luglio 1947: dalla base di Roswell a Fort Worth

Lunedì 7 luglio 1947, Brazel decise di riferire la scoperta alle autorità. Recatosi in città a Roswell per vendere della lana, portò con sé alcuni frammenti e si confidò con lo sceriffo della Contea di Chaves, George Wilcox. Lo sceriffo contattò immediatamente la vicina base dell’Esercito, la Roswell Army Air Field (RAAF). La RAAF era sede del 509° Gruppo Bombardieri – l’unità d’élite che gestiva allora gli unici bombardieri nucleari al mondo – il che conferiva all’episodio un’aura di credibilità particolare. Dalla base furono inviati il maggiore Jesse A. Marcel, ufficiale dell’Intelligence del 509°, e un agente in borghese (un ufficiale del controspionaggio) per accompagnare Brazel al ranch e recuperare i rottami. Marcel e l’altro militare arrivarono alla proprietà la sera stessa. Raccolsero tutti i materiali che trovarono sul terreno e li portarono nella casa di Brazel, cercando di riassemblarli per capirne la forma originaria. I tentativi furono vani: Marcel riferì che “non era possibile ricostruire” il manufatto – neanche lontanamente assimilabile a un aquilone o un pallone – perché mancavano pezzi strutturali per far combaciare il tutto. I militari quindi caricarono i detriti su un automezzo e li trasferirono alla base di Roswell durante la notte tra il 7 e l’8 luglio.

La mattina del 8 luglio 1947 i vertici della RAAF decisero di diffondere la notizia del ritrovamento alla stampa. Il colonnello William Blanchard, comandante della base, autorizzò il rilascio di un comunicato ufficiale attraverso l’ufficio informazioni della RAAF, gestito dal tenente Walter Haut. Verso mezzogiorno, la base fece recapitare ai media locali (e all’agenzia Associated Press) un dispaccio sorprendente: l’Aeronautica di Roswell aveva recuperato un “disco volante” caduto in un ranch della zona. Nella nota – che venne immediatamente pubblicata dalle testate – si affermava che “le numerose voci riguardo i dischi volanti sono diventate realtà ieri quando l’ufficio d’intelligence del 509° Gruppo Bombardieri, Roswell Army Air Field, è riuscito a entrare in possesso di un disco grazie alla collaborazione di un rancher locale e dello sceriffo di Chaves County”. Si spiegava che “l’oggetto volante è atterrato in un ranch nei pressi di Roswell la scorsa settimana” e che Brazel, non avendo un telefono in casa, aveva conservato il disco finché non fosse stato in grado di contattare lo sceriffo, il quale a sua volta aveva avvisato il maggiore Marcel. Il comunicato non forniva dettagli sulla forma o natura del “disco”, limitandosi a indicare che l’oggetto era stato trasferito al Quartier Generale superiore per ulteriori analisi.

La notizia fu sensazionale. I giornali del tardo pomeriggio del 8 luglio e le radio diffusero titoli a effetto come “RAAF cattura disco volante su ranch nella regione di Roswell”, facendo rapidamente il giro del paese. Anche l’FBI raccolse l’informazione: quello stesso pomeriggio l’ufficio FBI di Dallas inviò un messaggio telegrafico urgente al quartier generale a Washington riferendo che i militari avevano recuperato presso Roswell un oggetto discoidale che “assomigliava a un pallone meteorologico ad alta quota con un riflettore radar”. In effetti, subito dopo il comunicato di Roswell, l’Esercito si era attivato per ridimensionare l’accaduto. Il generale Roger Ramey, comandante dell’8ª Air Force (da cui dipendeva la base di Roswell), ordinò che i resti fossero inviati immediatamente alla base di Fort Worth, in Texas, dove aveva sede il suo comando. Marcel stesso volò a Fort Worth nel primo pomeriggio dell’8 luglio, portando con sé una selezione dei materiali recuperati.

9–10 luglio 1947: la smentita del pallone meteo

Già nel tardo pomeriggio dell’8 luglio 1947, presso la Fort Worth Army Air Field, l’Esercito organizzò una conferenza stampa per chiarire la situazione. Davanti ai fotografi e ai reporter, il generale Ramey e i suoi ufficiali posero in mostra i frammenti recuperati: pezzi di gomma, fogli di stagnola lucente, stecche di legno e carta. Ramey annunciò che, contrariamente a quanto comunicato inizialmente, si trattava semplicemente dei resti di un pallone meteorologico con relativo riflettore radar. Per dissipare ogni dubbio, un ufficiale meteo, il tenente Irving Newton, fu chiamato a esaminare i materiali. Newton confermò subito che quei detriti erano del tutto compatibili con i bersagli radar usati dai palloni sonda meteorologici di tipo trainante, composti da fogli di stagnola incollati su strutture a croce di balsa. Disse ai giornalisti che apparati simili venivano lanciati “in circa 80 stazioni meteorologiche in tutto il paese” per rilevare dati atmosferici.

L’apparente disco volante si era dunque sgonfiato, letteralmente, in un banale pallone. Il giorno seguente, 9 luglio 1947, i giornali riportarono la rettifica con titoli molto meno entusiasmanti. Ad esempio, il Roswell Daily Record uscì con il titolo: “Il generale Ramey svuota il ‘disco’ di Roswell”, spiegando ai lettori che quanto trovato dal rancher non era un velivolo spaziale ma un pallone sonda strumentale. Nello stesso numero, un articolo descriveva l’intervista a Mac Brazel, definito un “rancher infastidito” dall’improvvisa notorietà. Brazel raccontò ai cronisti la sua versione: la scoperta dei rottami a giugno, la raccolta degli stessi il 4 luglio e la consegna alle autorità. Confermò i dettagli dei materiali (gomma, stagnola, carta, stecche) e precisò di non aver trovato alcun segno di motori, cavi, elettronica o altro che facesse pensare a un velivolo avanzato. “Sono sicuro che ciò che ho trovato non era un pallone meteo di quelli che conosco”, dichiarò Brazel, aggiungendo però ironicamente che se trovasse qualcos’altro di insolito in futuro non lo avrebbe più detto a nessuno per evitare grattacapi. Questo commento lasciava intendere un certo malumore: Brazel in effetti riferì di essere stato preso in custodia dalla polizia militare per un giorno e interrogato, e di non aver gradito tutta l’attenzione (secondo alcuni resoconti, i militari gli avrebbero anche suggerito di evitare ulteriori dichiarazioni). Nel frattempo, a Fort Worth, anche il maggiore Jesse Marcel – lo stesso ufficiale che inizialmente era “fortunato possessore” del disco – fu intervistato brevemente. Marcel allineò la propria versione a quella ufficiale, descrivendo ai microfoni i resti come “parti di un dispositivo meteorologico” fatti di stagnola e legno.

Per chiudere definitivamente la vicenda, il 10 luglio 1947 l’Esercito organizzò una dimostrazione pratica all’aeroporto di Alamogordo, vicino al poligono di lancio dei palloni. Alcuni ufficiali mostrarono alla stampa esempi dei palloni stratosferici e dei riflettori radar effettivamente utilizzati in quei mesi, spiegandone l’uso scientifico e sottolineando come un congegno del genere potesse essere scambiato da un profano per qualcosa di “misterioso”. Questa mossa – di fatto una messa in scena orchestrata – fu in seguito riconosciuta dall’Aeronautica stessa come un tentativo deliberato di depistaggio: i portavoce descrissero genericamente l’uso di palloni meteo “nell’ultimo anno” per dare al pubblico una spiegazione plausibile, celando però il vero scopo di certi palloni più sofisticati lanciati nel Nuovo Messico. In sostanza, la storia del “disco volante di Roswell” sembrava conclusa pochi giorni dopo essere emersa: era stato un equivoco, frutto della sovreccitazione generale per i dischi volanti e di un riconoscimento errato di rottami che in realtà provenivano da un pallone sonda.

Il maggiore Jesse A. Marcel maneggia i detriti recuperati

Le versioni ufficiali del 1947

L’altalena di annunci e smentite fornita dai militari a Roswell nel luglio 1947 ha alimentato una comprensibile confusione. È utile ricostruire chiaramente quali furono le versioni ufficiali fornite nell’immediatezza dei fatti:

  • 8 luglio 1947 (mattina) – La base di Roswell, tramite il tenente Haut, comunica di aver recuperato un misterioso disco volante precipitato in un ranch della zona. Questo comunicato stampa – probabilmente autorizzato dal colonnello Blanchard – rappresenta l’unica ammissione ufficiale dell’esistenza di un disco volante in mano all’esercito. Venne diffuso con sorprendente apertura, forse senza aver prima consultato i comandi superiori. L’effetto mediatico fu enorme e immediato.
  • 8 luglio 1947 (pomeriggio) – Nel giro di poche ore, la Eighth Air Force a Fort Worth (superiore gerarchico della base di Roswell) rettifica la notizia. Il generale Ramey e il suo staff dichiarano alla stampa che i resti recuperati non sono affatto di un “disco”, bensì provengono da un pallone meteorologico con riflettore radar caduto. Vengono mostrati materiali compatibili con quell’interpretazione (stagnola, gomma, legno) e viene coinvolto un meteorologo che ne attesta l’autenticità. Questa spiegazione diventa la versione ufficiale conclusiva del 1947: nessun disco volante, solo un pallone sonda finito fuori rotta.

Va sottolineato che nel comunicato iniziale di Roswell non si fornivano dettagli sul “disco”: non venne mai detto che fosse metallico, né che avesse forma di navicella o altro – tutti elementi fantasiosi aggiunti solo in seguito dal mito popolare. In realtà, i militari della RAAF probabilmente non sapevano con certezza cosa avessero raccolto nel ranch di Brazel e, in un clima di mania da flying saucers, poterono avventurarsi a parlare di “disco” per dare lustro alla scoperta. Poche ore dopo, i superiori corressero il tiro per ragioni che appaiono oggi evidenti: quei rottami appartenevano a un progetto segreto in corso nella zona, di cui né Marcel né i comandanti di Roswell erano a conoscenza. Per togliere immediatamente attenzione dal ritrovamento, Ramey optò per la spiegazione più semplice e disarmante: un banale pallone meteorologico. Questa mezza verità servì a coprire una realtà che all’epoca non poteva essere rivelata al pubblico (nemmeno agli stessi uomini di Roswell): l’esercito stava testando speciali palloni-spia nel Nuovo Messico nel quadro di un programma top secret. Come vedremo, ciò emerse solo molti anni dopo. Nel frattempo, nel 1947, la faccenda fu dichiarata chiusa. I media nazionali accolsero senza troppe proteste la spiegazione del pallone meteo – dopotutto, dopo il 9–10 luglio non c’erano ulteriori elementi su cui speculare, e l’interesse per i dischi volanti andò scemando con altre notizie.

In definitiva, la versione ufficiale del 1947 fu che nessun UFO era caduto a Roswell. L’episodio venne archiviato come un errore di identificazione già nell’ambito del progetto Project SIGN (la prima commissione investigativa dell’Aeronautica sugli UFO istituita nel 1948). Quando negli anni ’50 l’Air Force pubblicò i rapporti del Project Blue Book (successore di SIGN e GRUDGE), non fece praticamente menzione di Roswell, considerandolo un caso spiegato e non rilevante nell’ufologia nascente. Di fatto, per oltre 30 anni l’incidente di Roswell rimase un ricordo locale di poco conto, sepolto negli archivi dei quotidiani del Nuovo Messico.

Testimonianze tardive e reinterpretazioni successive

Dal 1947 fino alla fine degli anni ’70, il “caso Roswell” cadde quasi completamente nell’oblio pubblico. A parte brevi riferimenti in qualche catalogo ufologico, l’episodio non veniva citato nei principali dibattiti sugli UFO. Ciò cambiò radicalmente nel 1978, quando l’ingegnere e ricercatore Stanton T. Friedman rintracciò e intervistò l’ex maggiore Jesse Marcel. In pensione da anni, Marcel rivelò a Friedman e ad altri appassionati qualcosa di sorprendente: affermò che la storia del pallone meteo era stata in realtà una copertura orchestrata dai militari, e che i frammenti che lui aveva recuperato nel 1947 non appartenevano affatto a un pallone, bensì a “qualcosa che non proveniva da questa Terra”. Questa dichiarazione rilanciò prepotentemente l’interesse su Roswell. Marcel descrisse materiali che ricordava come molto più strani di quanto riportato nei giornali: parlò di sottili lamine metalliche indistruttibili che non si piegavano né bruciavano, di barrette con strani simboli viola simili a geroglifici e di altri dettagli assenti nei resoconti coevi. In pratica, Marcel suggerì che la RAAF nel 1947 aveva realmente recuperato un veicolo sconosciuto, probabilmente di origine non terrestre, e che la verità era stata insabbiata con la scusa del pallone.

Le dichiarazioni di Marcel fecero da detonatore. Negli anni ’80 diversi ricercatori UFO iniziarono a scavare nel passato di Roswell, cercando testimoni tra gli abitanti e gli ex militari. Questa “riapertura del caso” portò alla luce numerose nuove testimonianze – molte purtroppo di seconda o terza mano – che andarono ad arricchire (e complicare) la storia. Ad esempio, un amico di infanzia del figlio di Marcel ricordò che nel ’47 il maggiore avrebbe mostrato a casa alcuni frammenti dicendo che erano “pezzi di un disco volante”. Un altro ufficiale in pensione, il generale Thomas DuBose (che nel 1947 era il capo di stato maggiore di Ramey a Fort Worth), dichiarò in un’intervista del 1991 di aver partecipato alla gestione del caso e confermò che “l’ordine di dire che era un pallone venne dal Pentagono”, a riprova di una volontà di depistare. Inoltre, spuntarono racconti di “altri siti di UFO crash”: alcuni testimoni sostenevano che oltre al campo di detriti trovato da Brazel, vi fosse un secondo luogo dove sarebbe caduta la sezione principale di un velivolo discoidale, con tanto di occupanti a bordo. In particolare, sulla base di voci locali e memorie ricostruite, venne ipotizzato che un oggetto circolare fosse precipitato a nord-ovest di Roswell e che l’esercito avesse segretamente recuperato diversi corpi alieni dall’abitacolo. Questi racconti, inizialmente frammentari, furono amplificati e romanzati nel primo libro dedicato all’argomento: “The Roswell Incident” (1980) di Charles Berlitz e William Moore. Il libro sosteneva che un disco volante extraterrestre si era schiantato a Roswell e che il governo americano ne aveva recuperato i rottami e i cadaveri di alieni bipedi, insabbiando poi tutto. Berlitz e Moore riportarono testimonianze come quella di Glenn Dennis, ex impiegato di un’agenzia di pompe funebri di Roswell, il quale affermò (anni dopo) di aver ricevuto nel ’47 chiamate dalla base per fornire piccole bare ermetiche e di aver parlato con un’infermiera che avrebbe visto “corpi di creature non umane” nell’ospedale militare. Storie come questa, sebbene circolate tardi e prive di riscontri documentali, alimentarono l’idea che a Roswell ci fosse stato ben più di un pallone: un incontro con la vita aliena, tenuto nascosto per decenni.

Durante gli anni ’90 la narrazione “alternativa” dell’incidente di Roswell divenne sempre più complessa. Si arrivò a ipotizzare due dischi volanti precipitati (uno dei quali avrebbe lasciato il campo di frammenti sul ranch, l’altro sarebbe finito a molti chilometri di distanza con a bordo gli occupanti), operazioni di recupero segrete con convogli militari notturni, minacce ai testimoni civili per imporre il silenzio, e persino la creazione di un gruppo di alto livello – il presunto Majestic-12 – incaricato di studiare e occultare i resti alieni. In pratica, il caso Roswell si trasformò nel pilastro di una vasta teoria del complotto UFO. Negli anni ’90, sull’onda del 50º anniversario del 1947 e del successo di serie TV come “X-Files”, Roswell entrò definitivamente nell’immaginario popolare: apparvero film, documentari (come l’ormai famigerato filmato dell’“autopsia aliena” che trovate di seguito – il quale, però, si rivelò un falso ben orchestrato) e infinite discussioni.

È importante notare che molte di queste affermazioni aggiuntive non erano corroborate da prove concrete. Molti “testimoni” parlavano per sentito dire o riportavano ricordi di decenni prima, spesso divergenti tra loro. Ad esempio, lo stesso Jesse Marcel cambiò leggermente versione nel corso del tempo: inizialmente nel 1978 suggerì semplicemente che i materiali non erano di questo mondo; in interviste successive li descrisse via via in maniera più “fantascientifica”. Altri presunti testimoni oculari, come il sergente Frank Kauffman o il maggiore Ellis “Bud” Barnett, emersero con racconti dettagliati salvo poi essere smentiti da verifiche indipendenti (documenti militari dimostrarono che alcuni di loro non erano nemmeno dove affermavano di essere nel 1947). Nonostante ciò, nell’ambiente ufologico più acceso questi racconti vennero intrecciati in un’unica trama grandiosa: a Roswell c’era stata una nave extraterrestre con equipaggio, e il governo USA ne era entrato in possesso avviando un programma segreto di retroingegneria tecnologica. Un ex ufficiale dell’esercito, il colonnello Philip Corso, pubblicò perfino un libro (The Day After Roswell, 1997) sostenendo di aver personalmente gestito nel decennio successivo alcuni materiali alieni recuperati a Roswell, distribuendoli a ditte private per studiarli e integrarne le scoperte nell’industria (Corso attribuì all’UFO crash l’origine di invenzioni come i circuiti integrati e le fibre ottiche). Queste affermazioni straordinarie non trovano però riscontro nei dati storici e scientifici, e la maggior parte degli studiosi le considera parte del folklore e della disinformazione che si è stratificata sul caso.

Riassumendo, tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’90, l’incidente di Roswell fu oggetto di una vera “riscoperta” storiografica informale da parte di ufologi e appassionati. Questi riesumarono l’episodio portando testimonianze tardive e congetture a supporto dell’ipotesi di un’astronave aliena. Il racconto si arricchì di dettagli spesso mutuati da altre leggende UFO: ad esempio, la presenza di piccoli corpi grigi e di metalli sconosciuti indeformabili erano elementi già apparsi in un famoso falso crash del 1948 ad Aztec, New Mexico, orchestrato da truffatori e smascherato pochi anni dopo. Eppure proprio quelle storie inventate confluirono nella versione Roswell degli anni ’80, mescolando realtà e finzione. Questo fenomeno – definito da alcuni studiosi come “sindrome di Roswell” – illustra come un fatto inizialmente modesto possa, dopo anni di silenzio, riemergere trasformato in un mito complesso, attraverso un processo di mitopoiesi collettiva e contaminazione con altre narrative ufologiche.

Le indagini ufficiali degli anni ’90 (Mogul e manichini)

Dimostrazione militare del lancio di palloni meteorologici

L’eco mediatica raggiunta dal “mistero di Roswell” nei primi anni ’90 spinse anche le autorità a tornare sul caso, stavolta con l’intento di fare chiarezza documentata. In particolare, il Congressista Steven Schiff del New Mexico chiese spiegazioni formali all’Aeronautica e al Dipartimento della Difesa. Non soddisfatto dalle prime risposte (che erroneamente indicavano Roswell come parte del Project Blue Book, cosa non vera), Schiff coinvolse la General Accounting Office (GAO) – un organo investigativo del Congresso – per condurre un’inchiesta approfondita. Nel 1994–95 la GAO avviò dunque una ricerca negli archivi di varie agenzie (Air Force, Army, FBI, CIA, ecc.), alla caccia di qualsiasi documento del 1947 relativo a Roswell. Parallelamente, l’US Air Force istituì una propria squadra storica per riesaminare l’incidente, declassificando eventuali informazioni rimaste segrete della Guerra Fredda.

Nel luglio 1994, l’Air Force completò il primo rapporto ufficiale su Roswell dalla fine degli anni ’40. Questo studio, pubblicato poi nel 1995 con il titolo “The Roswell Report: Fact vs Fiction in the New Mexico Desert, concluse in sostanza che sì, qualcosa era accaduto nei pressi di Roswell nel 1947, ma non aveva nulla a che fare con veicoli extraterrestri. Analizzando registri e raccogliendo testimonianze di personale coinvolto, l’Aeronautica identificò come più probabile causa dell’incidente un particolare programma militare segreto allora attivo: il Project MOGUL.

Project Mogul (nome in codice) era un progetto top secret condotto dall’US Army Air Forces in collaborazione con la Columbia University e il laboratorio di Los Alamos. Consisteva nel lanciare treni di palloni stratosferici ad alta quota equipaggiati con microfoni e riflettori radar, allo scopo di intercettare le onde sonore generate da eventuali test atomici sovietici nell’atmosfera. In altre parole, Mogul era un sistema di spionaggio acustico pionieristico, e la sua importanza era enorme nell’era pre-satelliti: rilevare in segreto un’esplosione nucleare URSS poteva dare agli USA un vantaggio strategico. Per tale ragione il progetto era classificato al massimo livello di segretezza nel 1947. L’Air Force, nel rapporto 1994/95, documentò che proprio nelle settimane di giugno-luglio 1947 una squadra di Mogul stava effettuando lanci di palloni dalla base di Alamogordo (New Mexico) in direzione est/nord-est, cioè verso l’area di Roswell. In particolare, la mattina del 4 giugno 1947 fu lanciato un lungo treno di palloni con numerose attrezzature (indicata come Flight #4 nei diari del progetto). Gli appunti mostrano che i tecnici persero il tracciamento di questo volo a circa 27 km dal ranch di Brazel, dopodiché presumibilmente il pallone scoppiò o fu preda di correnti discendenti, precipitando al suolo. Si trattava di una catena di numerosi palloncini in neoprene collegati a riflettori radar esagonali in alluminio e balsa, oltre a sonde e microfoni – esattamente il tipo di rottami descritti da Brazel (stagnola metallica, gomma grigiastra, stecche, carta, nastro). Il rapporto Air Force concluse che i detriti raccolti a Roswell provenivano molto probabilmente da quel volo Mogul (o da uno simile). Nel 1947, però, i pochi ufficiali a conoscenza di Mogul a livello locale non potevano rivelarne l’esistenza nemmeno ai colleghi: era preferibile inscenare una piccola bugia (il pallone meteorologico standard) piuttosto che svelare un’operazione top secret anti-Urss.

Con Mogul si spiegava bene la componente “disco volante” di Roswell (i materiali anomali). Restava da affrontare l’altro grande filone narrativo nato negli anni ’80: quello dei “corpi alieni” recuperati. Per fare luce su questo, l’USAF produsse un secondo studio, pubblicato nel 1997 col titolo “The Roswell Report: Case Closed”. In esso, l’investigatore James McAndrew analizzò le varie testimonianze riguardanti presunti alieni visti a Roswell (dall’infermiera di Glenn Dennis ad altri racconti emersi). La conclusione fu che nessun corpo extraterrestre fu mai recuperato, ma che alcuni elementi di verità potevano essersi mescolati a ricordi distorti. In particolare, l’Air Force mise in relazione i racconti di “piccoli cadaveri” con un altro programma militare top secret svolto in New Mexico… solo che alcuni anni dopo Roswell. Tra il 1953 e il 1959, infatti, la base di Holloman (Alamogordo) fu teatro di numerosi test di caduta ad alta quota di manichini antropomorfi: manichini a grandezza d’uomo, molto realistici, lanciati con il paracadute da palloni stratosferici e aerei per studiare gli equipaggiamenti di salvataggio e i traumi da caduta. Questi manichini (soprannominati “dummies”) avevano la pelle color grigio-rosata, erano calvi, con tratti semplificati – a distanza potevano sembrare “corpi umanoidi”. Venivano spesso recuperati da squadre militari appena toccavano terra, a volte in zone impervie e di fronte a testimoni occasionali. L’Air Force evidenziò che molti di quei lanci di manichini avvennero proprio nei dintorni di Roswell e lungo tutto il Nuovo Messico negli anni ’50. Suppose quindi che alcuni anziani testimoni, interrogati negli anni ’80-’90, potessero aver fuso nella memoria eventi differenti: ovvero, aver collocato nel 1947 (Roswell) ricordi di strani recuperi o incidenti accaduti negli anni ’50 (i manichini). Questo fenomeno psicologico è noto come “time compression” della memoria: col passare di 40+ anni, l’epoca e il contesto di certi ricordi possono confondersi. Ad esempio, il figlio dello sceriffo Wilcox raccontò negli anni ’90 che suo padre nel ’47 gli parlò di “piccoli corpi” portati dalla base: potrebbe tuttavia aver inconsciamente attribuito a Roswell una vicenda differente ascoltata dopo (nel 1956 si verificò un tragico incidente aereo vicino Roswell con vittime umane gravi e piccoli manichini a bordo per test, che fu secretato all’epoca e rivelato solo in seguito). In mancanza di prove tangibili di alieni, l’Air Force ritenne che i “corpi” di Roswell fossero in realtà manichini da crash test fraintesi nei ricordi di testimoni o gonfiati dal passaparola.

Le spiegazioni fornite dai rapporti ufficiali degli anni ’90 – pallone Mogul per i rottami, manichini antropomorfi per i “corpi” – riportarono il discorso su un piano più razionale e documentato. Documenti declassificati allegati ai report mostravano come davvero esistessero registrazioni di voli Mogul nel giugno ’47 e come i materiali combaciassero. Non solo: la stessa indagine GAO del 1995 confermò di aver rintracciato solo due documenti del 1947 inerenti a Roswell, uno dell’FBI e uno dell’Air Force, e entrambi parlavano di pallone con riflettore come spiegazione. La GAO scoprì anche che molti archivi amministrativi della base di Roswell (registri di volo, messaggi in uscita) dal 1945 al 1949 erano stati distrutti anni dopo, secondo modalità non del tutto chiare. Ciò impediva di avere il quadro completo, ma non emerse comunque alcuna traccia di dischi volanti o alieni in migliaia di pagine esaminate presso FBI, CIA, Esercito, etc. L’assenza di documenti “bomba” fu significativa: se davvero Roswell fosse stato l’evento epocale di un contatto alieno, avrebbe lasciato almeno qualche impronta nei rapporti riservati dell’epoca. Invece, nulla del genere è stato trovato.

Gli ufologi più convinti contestarono diverse conclusioni dell’Air Force, sostenendo che fossero spiegazioni ad hoc. In particolare, criticarono la teoria dei manichini perché i lanci iniziarono solo dal 1953: come potevano testimoni confondere date con 6-10 anni di differenza? Gli esperti risposero che la memoria umana è sorprendentemente fallibile su archi temporali lunghi e che coloro che nel 1990 riferivano eventi del ’47 avevano spesso 70-80 anni, un’età in cui i ricordi remoti possono mescolarsi. Un caso curioso a sostegno: uno degli ufficiali che recuperavano manichini nel ’56 raccontò che, quando fu interrogato nel ’90 sul “crash di Roswell”, la sua prima reazione fu di ricordare effettivamente un recupero di corpi… salvo poi realizzare che si trattava del test con dummies a cui lui stesso partecipò negli anni ’50, e che la sua memoria lo aveva ingannato sulla data esatta.

In definitiva, le indagini ufficiali degli anni ’90 spiegarono il caso Roswell nei termini di programmi militari top secret, rimuovendo l’aura di mistero alieno: un pallone di Project Mogul fu la fonte dei rottami, e i “corpi alieni” furono molto probabilmente manichini antropomorfi (o infortuni militari reali) mal collocati nei ricordi successivi. L’Air Force ammise anche le proprie responsabilità nel confuso handling del 1947: definì la storia del pallone meteo “un tentativo di dirottare l’attenzione” necessario a mantenere segreto Mogul. Fornendo queste spiegazioni e declassificando documenti, le autorità speravano di mettere fine alle congetture cospirazioniste.

 

Analisi delle prove e ipotesi alternative

Settant’anni dopo Roswell, quali prove concrete abbiamo in mano e cosa rimane controverso? Esaminiamo i principali elementi:

  • Reperti fisici: non esistono attualmente frammenti noti al pubblico attribuiti all’incidente di Roswell. Tutti i materiali raccolti nel 1947 furono portati via dai militari. Quelli mostrati nelle foto di Fort Worth (stagnola, gomma, legno) vennero probabilmente scartati o conservati temporaneamente e poi persi nei magazzini. Non risultano pezzi esposti in musei ufficiali né analisi scientifiche indipendenti su presunti “metalli anomali” di Roswell. Negli anni sono circolati vari manufatti presentati come detriti alieni (memorabilia o falsi), ma nessuno con tracciabilità diretta al ranch di Brazel. In assenza di materiali da testare, non c’è evidenza fisica di una tecnologia “non terrestre”.
  • Documenti storici del 1947: come visto, i pochi documenti coevi noti (comunicati stampa, telegrammi FBI, ritagli di giornale) puntano tutti verso la spiegazione del pallone. Non vi è alcun telegramma o rapporto ufficiale dell’epoca che parli di dischi volanti o corpi recuperati a Roswell – nemmeno in canali segreti. La GAO nel 1995 confermò questo fatto. Ciò non esclude al 100% che comunicazioni orali o documenti distrutti possano aver contenuto altre informazioni, ma allo stato dell’arte non c’è nulla di scritto nel 1947 che supporti l’ipotesi extraterrestre.
  • Fotografie e “Ramey memo”: tra le prove più intriganti c’è una serie di fotografie scattate dall’allora tenente fotografo James Bond Johnson nell’ufficio di Ramey a Fort Worth, l’8 luglio 1947. In quelle immagini in bianco e nero (oggi di dominio pubblico, visibili cliccando su questo link) si vedono Ramey e Marcel con i rottami di stagnola e, in mano a Ramey, un documento – il cosiddetto “Ramey memo”. Si tratta di un foglio dattiloscritto piegato, parzialmente visibile. Negli ultimi decenni, grazie alla scansione ad alta risoluzione dei negativi originali, appassionati e analisti hanno cercato di decifrare il testo di quel memo, ipotizzando potesse contenere riferimenti segreti. Alcuni ricercatori UFO sono “sicuri al 100%” di leggere frasi come “the victims of the wreck” (“le vittime dell’incidente”) e “in the ‘disc’”, interpretandole come prova che Ramey comunicava la presenza di cadaveri e di un disco. Tuttavia, studi più rigorosi suggeriscono che si tratta probabilmente di pareidolia visiva: ovvero si vede ciò che si vuole vedere. Analizzando la foto con tecniche di imaging, non c’è consenso sul testo: ad esempio, alcuni esperti sostengono che la presunta parola “victims” in realtà potrebbe essere “viewing” (osservazione). Finora nessuna decifrazione è stata accettata universalmente. L’Air Force stessa negli anni ’90 tentò invano di far leggere il memo. Dato che le fotografie furono pubblicate sui giornali nel ’47, è improbabile contenessero informazioni altamente classificate in chiaro. L’interpretazione più cauta è che il memo riporti comunicazioni interne sull’invio dei resti a Fort Worth e sulle misure prese, senza rivelare segreti. In sintesi, il “Ramey memo” rimane un indizio ambiguo: affascinante, ma non decifrato in modo affidabile e quindi non risolutivo.
  • Testimonianze orali: sono il cuore del caso Roswell e, al contempo, il suo tallone d’Achille. Da un lato, senza le testimonianze raccolte decenni dopo, l’incidente sarebbe rimasto relegato a nota a piè di pagina. Dall’altro, proprio la tardività e inconsistenza di molti racconti rende difficile separare fatti reali da voci. Alcune testimonianze chiave degli anni ’80 (Marcel, DuBose, Brazel Jr., ecc.) provenivano da persone effettivamente coinvolte nel 1947, e vanno prese sul serio benché possano aver ricostruito soggettivamente gli eventi. Altre storie invece – come quelle di sedicenti testimoni oculari di alieni – si sono rivelate inaffidabili. Ad esempio, Glenn Dennis (il mortuario) citò un’infermiera della base che avrebbe visto i corpi alieni; quando i ricercatori cercarono conferma, scoprirono che il nome da lui fornito non corrispondeva a nessuna infermiera realmente in servizio a Roswell nel 1947. Gerald Anderson, che disse di aver assistito da bambino al crash con alieni, fu colto in contraddizioni e addirittura accusato di aver falsificato un reperto (una pietra con incisioni). Frank Kauffman, che si spacciò per membro di un team segreto di recupero, venne smascherato nel 2005: documenti militari dimostrarono che la sua carriera era diversa da quanto sostenuto e che aveva falsificato carte. Questi esempi mostrano come alcune “prove testimoniali” siano cadute una dopo l’altra. Resta comunque un nucleo di deposizioni oneste – persone come Marcel o il figlio dello sceriffo Wilcox che riferirono ciò che ricordavano. Esse mantengono vivo un dubbio: Marcel fu categorico nel dire che i materiali a Fort Worth erano stati sostituiti e che quelli veri erano straordinari; possiamo archiviarlo come errore di giudizio o suggestione? Oppure c’è una possibilità, anche remota, che davvero qualcosa di non convenzionale sia accaduto? Gli storici tendono a fidarsi più dei documenti contemporanei che delle memorie a posteriori, soprattutto se queste ultime sono contaminate da anni di miti ufologici. Nel caso di Roswell, i documenti d’epoca suggeriscono spiegazioni prosaiche, mentre i racconti tardivi suggeriscono l’opposto.
  • Ipotesi alternative non extraterrestri: oltre all’ipotesi ET e all’ipotesi Mogul, ne sono state avanzate altre. Una sostiene che potesse trattarsi di un qualche velivolo sperimentale terrestre (ad esempio un prototipo tedesco o giapponese catturato e fatto volare dagli USA), oppure di una sonda spia straniera. Non è emersa però alcuna evidenza a favore: nessun aereo o drone mancante all’appello in quel periodo. Un’altra teoria sensazionalistica, proposta dalla giornalista Annie Jacobsen, ipotizzò che a Roswell fosse precipitato un “spauracchio” sovietico: Stalin avrebbe mandato un disco radiocomandato con a bordo esseri umani deformati (forse risultati di esperimenti medici) per seminare panico in America. Questa tesi è ampiamente respinta dagli storici per mancanza totale di fonti e per implausibilità tecnica. In mancanza di nuove rivelazioni, la spiegazione Mogul resta di gran lunga la più consistente con le prove note.
  • Contraddizioni e punti oscuri: permangono tuttavia alcuni elementi che alimentano discussioni. Ad esempio, la distruzione degli archivi di Roswell 1947 (i registri dei messaggi in uscita) scoperta dalla GAO – fu davvero routine amministrativa o qualcuno tolse di mezzo informazioni imbarazzanti? L’Air Force rispose che fu routine, ma per i sospettosi è un anello mancante. Un altro punto: se era solo Mogul, perché la base di Roswell – dotata di ufficiali esperti – non riconobbe subito un pallone? Forse perché Mogul usava attrezzature insolite che i comuni palloni meteo non avevano (microfoni, molti riflettori), e nessuno ne aveva mai visto uno intero. Marcel, ad esempio, non aveva familiarità con Mogul e avrebbe potuto scambiare quei resti per qualcosa di anomalo. Inoltre, il 509° Bomb Group aveva compiti nucleari, non meteorologici: l’ufficiale meteo alla base era assente in quei giorni e Blanchard/Marcel non consultarono altri prima di inviare il comunicato. Dunque l’inesperienza specifica e la frenesia del momento possono spiegare la “svista”. Resta anche da capire perché Brazel fosse così certo che non fosse un pallone: forse perché i Mogul erano composti da molti palloni e apparati, ben più complessi di un singolo palloncino meteorologico che lui aveva visto in passato – quindi ai suoi occhi “non somigliava a nessun pallone meteo” conosciuto, come in effetti dichiarò.

In sintesi, l’analisi delle prove ad oggi disponibili porta a un livello di confidenza alto nell’ipotesi che nessun veicolo extraterrestre sia coinvolto, mentre converge su spiegazioni terrestri segrete (Mogul, ecc.). Rimangono zone d’ombra legate alla natura incompleta delle fonti (archivi mancanti, testimonianze conflittuali). È doveroso riconoscere i limiti: non possiamo affermare di sapere ogni dettaglio con assoluta certezza.

Cartello situato nei pressi del luogo del ritrovamento

Confronto tra le diverse versioni

Per ricapitolare in forma comparativa, mettiamo a confronto i principali elementi come descritti nelle versioni del 1947, nelle versioni ufologiche successive e nelle conclusioni ufficiali degli anni ’90:

Aspetto Versione militare (1947) Versioni ufologiche (anni ’80–’90) Rapporti ufficiali (1994–97)
Oggetto precipitato Pallone sonda meteorologico con riflettore radar (dopo smentita Ramey). Astronave extraterrestre (disco volante) in avaria a causa di temporale. Alcuni parlano di due UFO precipitati. Pallone stratosferico del Project Mogul (pallone per spionaggio acustico nucleare) con più componenti.
Detriti recuperati Fogli di stagnola, gomma, legno, nastro – componenti di un pallone e bersaglio radar. Nessun pezzo metallico strutturale, né motore né elettronica. Materiali “insoliti”: metallo leggero indistruttibile, travi con simboli simili a geroglifici, possibili frammenti di tecnologia avanzata (fibre, circuiti). Testimoni riportano proprietà anomale (es. memoria di forma). Resti compatibili con palloni neoprene, fogli di alluminio, stecche di balsa, nastro con decorazioni impiegati nei Mogul. Nessun materiale fuori dal comune riscontrato.
Corpi/Occupanti Nessuno. Nessun riferimento a corpi nel 1947 da fonti ufficiali; caso chiuso come incidente senza coinvolti umani o altro. 4–5 esseri biologici di piccola statura (1–1,2 m), testa grande e occhi ovali (“Grigi”). Ritrovati sul luogo dello schianto e portati via dall’esercito. Affermazioni basate su testimonianze emerse ~40 anni dopo, molto controverse. Nessun corpo alieno. I “corpi” ricordati sarebbero in realtà manichini antropomorfi usati in test militari negli anni ’50, erroneamente collegati a Roswell nei ricordi tardivi. Oppure vittime umane di incidenti aerei (non correlati) confuse con Roswell.
Reazione militare Recupero rapido dei resti da parte del personale della RAAF. Iniziale comunicato stampa aperto, poi immediata retromarcia e ordine di silenzio. Dimostrazione pubblica con palloni il 10 luglio per chiudere il caso. Cover-up massiccio: cordone militare sui siti, minacce ai civili (es. Brazel detenuto brevemente), confiscazione di prove (si dice perfino nastri radio e articoli ritirati). Governo avrebbe segretato tutto, instaurando un programma ultra-segreto (Majestic-12) per studiare l’UFO. Nessuna evidenza di cover-up orchestrato a livello di documenti. Il cover-up reale fu limitato a nascondere Mogul (segreto militare) raccontando la storia del pallone meteo. Negli anni ’90 l’Air Force ha declassificato i programmi correlati. La GAO non ha trovato traccia di operazioni segrete su alieni.
Spiegazione finale Caso risolto nel 1947 come equivoco: i resti appartenevano a un pallone meteorologico caduto. Nessun disco volante effettivo recuperato. Caso considerato come schianto di UFO reale coperto da cospirazione governativa. Roswell diventa il paradigma delle teorie sugli UFO recuperati e tenuti nascosti (citatissimo in media e cultura pop). Caso spiegato come incidente militare segreto: il “disco” era un pallone-spia Mogul. Le leggende successive sono frutto di errori di memoria e mito. L’Air Force dichiara il caso chiuso basandosi su documenti e testimonianze tecniche.

Conclusioni

L’evento storicamente noto come “incidente di Roswell” è passato attraverso varie metamorfosi narrative: da curioso fraintendimento locale nel 1947, a colossale mito ufologico negli anni ’80, fino a caso storicamente investigato negli anni ’90. Cosa sappiamo con ragionevole certezza oggi? Sappiamo che nei primi di luglio del 1947 furono effettivamente recuperati dei rottami in un ranch del Nuovo Messico, e che quei materiali (nastri, fogli metallici, gomma) probabilmente provenivano da un sistema di palloni militari segreti progettati per captare segnali atomici sovietici – il Project Mogul. Sappiamo che i comandi dell’Esercito, per proteggere quel segreto, scelsero di divulgare inizialmente un comunicato imprudente ma poi di insabbiare tutto con la spiegazione del pallone meteorologico. Nei decenni successivi, l’assenza di informazioni e il clima di segretezza militare alimentarono l’immaginazione popolare, portando molte persone oneste a chiedersi se davvero “ci avessero nascosto qualcosa di epocale”.

Tuttavia, un aspetto ancora oggi dibattuto riguarda le testimonianze di militari ed ex militari che, a partire dagli anni ’70, hanno sostenuto che a Roswell non venne recuperato soltanto un pallone, ma anche corpi non umani. Sebbene molte di queste dichiarazioni siano emerse decenni dopo i fatti e siano considerate da numerosi studiosi come poco affidabili o frutto di ricordi distorti, rimangono un tema scottante, soprattutto perché provenienti da persone che in alcuni casi erano effettivamente legate all’ambiente militare della Roswell Army Air Field nel 1947. La contrapposizione tra documenti ufficiali e testimonianze sui presunti corpi alieni è uno degli elementi che ancora oggi mantiene vivo il dibattito sull’UFO crash di Roswell. Tale elemento è riemerso con forza negli ultimi anni — in particolare dal 2023 — grazie a nuove dichiarazioni di ex militari statunitensi hanno riportato al centro dell’attenzione la questione dei resti biologici extraterrestri in possesso del governo USA. Durante un’audizione al Congresso, il maggiore David Grusch, affiancato da altri veterani, ha affermato che esistono programmi segreti attivi da decenni per il recupero e lo studio di oggetti volanti non identificati (UAP), e che alcuni di questi includerebbero il rinvenimento di “resti biologici non umani”.

Fonti e risorse primarie

  • Roswell Daily Record, edizione del 8 luglio 1947, articolo di prima pagina “RAAF Captures Flying Saucer On Ranch in Roswell Region”. (Comunicato stampa originale della base di Roswell annunciando il ritrovamento di un “disco volante” in un ranch)
  • Roswell Daily Record, edizione del 9 luglio 1947, articolo “Harassed Rancher Who Located ‘Saucer’ Sorry He Told About It”. (Intervista a W. W. Brazel con descrizione dettagliata dei materiali trovati e smentita del pallone meteo)
  • FBI Dallas Teletype to Director (FBI Vault: Roswell UFO) – Telegramma del Field Office FBI di Dallas all’FBI HQ, 8 luglio 1947. (Riassume per l’FBI che i militari hanno recuperato un oggetto somigliante a un pallone ad alta quota con riflettore nei pressi di Roswell)
  • US Army Air Forces, Press Release Roswell AAF, 8 luglio 1947. (Testo del comunicato stampa del Ten. Walter Haut diffuso alla stampa, fonte: Associated Press/archivi stampa 1947)
  • United States Air Force, The Roswell Report: Fact vs. Fiction in the New Mexico Desert, a cura di Col. Richard L. Weaver e 1° Lt. James McAndrew, USAF, 1995. (Rapporto ufficiale sull’incidente di Roswell commissionato dall’Air Force, focalizzato sui detriti: conclude che provenivano dal Project Mogul)
  • United States Air Force, The Roswell Report: Case Closed, a cura di Cap. James McAndrew, USAF, 1997. (Secondo rapporto ufficiale USAF, incentrato sulle testimonianze di presunti “corpi alieni”: attribuisce tali racconti a manichini dei test di caduta negli anni ’50 e ad altri eventi terrestri)
  • General Accounting Office (GAO) – Report “Government Records: Results of a Search for Records Concerning the 1947 Crash Near Roswell, New Mexico”, GAO/NSIAD-95-187, lettera al Congressista Steven Schiff, 28 luglio 1995. (Riferisce gli esiti dell’indagine negli archivi: conferma nessun documento UFO, identifica Project Mogul, segnala distruzione di alcuni archivi RAAF 1947)
  • Saler, Benson; Ziegler, Charles; Moore, Charles B., UFO Crash at Roswell: The Making of a Modern Myth, Smithsonian Institution Press, 1997. (Studio accademico antropologico-storico che analizza come il caso Roswell si sia trasformato in mito moderno; include contributi di Moore, che era coinvolto nel Project Mogul)
  • Pflock, Karl T., Roswell: Inconvenient Facts and the Will to Believe, Prometheus Books, 2001. (Indagine storiografica approfondita da parte di un ex ricercatore UFO divenuto scettico: conclude che Roswell fu un errore ben sfruttato dalla credulità popolare)
  • Nickell, Joe; McGaha, James, “The Roswellian Syndrome: How Some UFO Myths Develop”, in Skeptical Inquirer, vol. 36 n°3, maggio/giugno 2012. (Articolo di due noti investigatori scettici che delinea il processo di mitizzazione di Roswell e di altri casi, introducendo il concetto di “sindrome di Roswell” nello sviluppo dei miti UFO)
  • Berlitz, Charles; Moore, William, The Roswell Incident, Grosset & Dunlap, 1980. (Primo libro dedicato al caso Roswell, di taglio fortemente pro-UFO: ha presentato molte testimonianze allora inedite, sebbene diverse poi risultate inaccurate; importante come fonte primaria sullo sviluppo delle voci negli anni ’80)
  • University of Texas at Arlington – Roswell UFO Collection, “Deciphering the Ramey Memo”. (Archivio digitale contenente scansioni ad alta risoluzione delle foto originali del 1947 scattate a Fort Worth e discussioni sulle possibili letture del memo tenuto dal Gen. Ramey)

Classe 1988. Laureata in Studi Orientali presso l'Università La Sapienza di Roma, Search Analyst di professione. Amante di storia, archeoastronomia, ufologia e paranormale. Consumatrice patologica di podcast. Nel 2023 ho fondato Lux Aliena, un progetto nato dal desiderio di condividere il viaggio alla scoperta dei misteri irrisolti del nostro pianeta e dell’universo.

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