Incidente della foresta di Rendlesham, il “Roswell britannico” del 1980

Nelle gelide notti che seguirono il Natale del 1980, nella foresta di Rendlesham nel Suffolk (Inghilterra), si verificò uno degli avvistamenti UFO più famosi di sempre in territorio britannico.
Diversi militari americani di stanza presso la base della Royal Air Force (RAF) a Woodbridge riferirono di strani fenomeni luminosi tra gli alberi e persino dell’atterraggio di un misterioso oggetto volante non identificato. Questo episodio – noto come Rendlesham Forest Incident – è stato paragonato per importanza al caso Roswell statunitense, tanto da essere soprannominato il “Roswell britannico”. A oltre quattro decenni di distanza, l’incidente della foresta di Rendlesham continua a far discutere ufologi, scettici e media, divisi tra chi lo considera una prova di visite extraterrestri e chi invece lo spiega con eventi terrestri e psicologici. In questo dossier ripercorriamo il contesto, i fatti accertati, le prove fisiche raccolte e le diverse teorie su quello che resta uno dei più intriganti enigmi UFO in Inghilterra nel 1980.

Il contesto storico e militare

La foresta di Rendelsham

Per comprendere il Rendlesham Incident occorre calarsi nel contesto della Guerra Fredda. Nel 1980 la RAF Woodbridge e la vicina RAF Bentwaters formavano un complesso di basi NATO strategiche, utilizzate dalla United States Air Force e presumibilmente dotate di armamenti nucleari tattici (informazione mai confermata ufficialmente, ma emersa in seguito).
Il comandante del duplice aeroporto era il colonnello Ted Conrad, affiancato dal suo vice, il tenente colonnello Charles I. Halt. La foresta di Rendlesham, un’ampia area boschiva di conifere e brughiere, lambiva i confini della base di Woodbridge ed era intersecata dalle recinzioni militari. Proprio dal cancello orientale della base, nelle prime ore del 26 dicembre 1980, le guardie avvistarono per prime misteriose luci discendere tra gli alberi. Va ricordato che ufficialmente, dopo la chiusura del Project Blue Book nel 1969, le forze armate statunitensi avevano cessato di investigare sugli UFO, e anche il Ministero della Difesa britannico adottava unaUnited States Air Force, archiviando i resoconti senza approfondire, a meno di minacce concrete.
In questa cornice, gli insoliti eventi di Rendlesham rappresentavano per i militari coinvolti un fatto del tutto inaspettato. I testimoni erano giovani aviatori americani, alcuni da poco in Inghilterra, non abituati al territorio locale. Nei giorni delle feste natalizie, inoltre, la routine della base era rallentata – la sera del 27 dicembre si teneva un party per gli ufficiali – e ciò fornì terreno fertile a stupore e discussioni interne quando iniziarono a circolare voci di “UFO atterrato nella foresta”.
Il vicecomandante Halt stesso, prima di vivere in prima persona il secondo evento, era scettico e deciso a “mettere fine alla faccenda”, sospettando si trattasse di qualche equivoco o suggestione tra le sentinelle. Nessuno poteva immaginare che quelle luci misteriose sarebbero passate alla storia.

Cronologia degli eventi (26–28 dicembre 1980)

Analizziamo ora l’esatta cronologia degli eventi che occorsero nei giorni degli avvistamenti.

Notte del 26 dicembre 1980

Intorno alle 3:00 del mattino del 26 dicembre, una pattuglia di sicurezza nei pressi dell’East Gate della base di Woodbridge avvistò una luce rossa intensa scendere tra gli alberi della foresta. I militari in un primo momento pensarono a un possibile incidente aereo e ottennero il permesso di uscire a verificare. Tre uomini si addentrarono nel bosco: il sergente James Penniston e gli avieri John Burroughs ed Edward Cabansag. Man mano che penetravano tra gli alberi, i tre notarono uno strano silenzio interrotto solo da versi animali agitati, come se la fauna fosse in preda al panico. Giunti in una radura, furono investiti da una fonte luminosa abbagliante: al centro dello spiazzo brillava un oggetto con un intenso bagliore giallo-bianco, dalla cui parte inferiore emanava un raggio di luce blu, mentre sulla sommità lampeggiava una piccola luce rossa. Avvicinandosi ancora, Penniston affermò di distinguere un corpo metallico di forma triangolare (larga circa 2–3 metri alla base), poggiato su tre supporti simili a un treppiede. Secondo il suo racconto, la superficie dell’oggetto recava misteriosi simboli incisi, e lui stesso riuscì a toccarla brevemente prima che il velivolo si rimettesse in movimento.
Improvvisamente, l’oggetto si sollevò di circa un metro dal suolo, iniziando a muoversi tra gli alberi con una traiettoria a zig-zag. I tre militari lo inseguirono cercando di mantenere il contatto visivo, ma prima che potessero raggiungerlo l’oggetto accelerò verticalmente e scomparve nel cielo notturno in un lampo.Va sottolineato che questa drammatica descrizione proviene principalmente dal memoriale successivo del sergente Penniston. All’epoca, infatti, non vi fu alcuna conferma indipendente di un atterraggio vero e proprio: gli altri due membri della pattuglia segnalarono di aver visto soltanto luci distanti tra gli alberi. In particolare, in dichiarazioni scritte raccolte nei giorni seguenti, l’aviere Cabansag riferì che la luce avvistata era “il fascio di un faro in lontananza” e che quello che inseguivano si rivelò essere “una luce di un casolare illuminato” oltre la foresta. Anche Burroughs dichiarò: “potevamo vedere una luce rotante, e dopo averla seguita per circa due miglia capimmo che proveniva da un faro”.
Tali particolari, scoperti anni dopo, inducono a ritenere che nella concitazione del momento i militari possano aver frainteso luci ordinarie credendole qualcosa di straordinario. Ad ogni modo, quella notte del 26 dicembre qualcuno chiamò la polizia locale di Suffolk: gli agenti arrivati attorno alle 4:00 notarono solo il fascio luminoso del faro di Orford Ness in lontananza e nessun segno di incidenti aerei, chiudendo l’intervento senza ulteriori azioni.

Mattina del 26 dicembre

Con il chiarore dell’alba, una seconda pattuglia della base perlustrò la radura in cui i soldati avevano visto l’oggetto. Venne effettivamente individuata un’evidente traccia fisica: tre piccole impronte sul terreno, disposte a triangolo quasi equilatero, come se qualcosa con tre “piedi” avesse sostato lì. Ogni impronta misurava circa 7 pollici (18 cm) di diametro e 1.5 pollici (circa 3–4 cm) di profondità nel suolo sabbioso. Intorno si notarono anche segni anomali sulla vegetazione: rametti spezzati sulle cime degli arbusti e alcune scorciature sulla corteccia di alberi vicini, come bruciature superficiali. Su ordine dei superiori furono realizzati calchi in gesso delle impronte per documentazione, e più tardi vennero effettuate misurazioni con un contatore Geiger per rilevare eventuali radiazioni residue.
Alle 10:30 del mattino fu nuovamente allertata la polizia civile, che ispezionò le buche nel terreno: i funzionari le giudicarono compatibili con quelle lasciate da animali selvatici (ad esempio conigli) e non con un velivolo. Le “bruciature” sugli alberi furono attribuite a tagli d’ascia di boscaioli, usati per segnare piante da abbattere. In sostanza, in pieno giorno nulla di evidentemente extraterrestre fu rinvenuto, anche se i militari restavano scossi dalla stranezza degli eventi notturni.

Notte del 28 dicembre 1980

Due giorni dopo il primo avvistamento, nuove segnalazioni agitarono la base. La sera del 27 dicembre si era diffusa la voce di un “UFO di nuovo in zona” e proprio durante una festa degli ufficiali il vicecomandante Halt fu informato che delle luci misteriose erano ricomparse nella foresta. Determinato a fare chiarezza, il ten. col. Halt organizzò immediatamente una squadra di risposta: armato di torcia, taccuino e di un registratore audio portatile, condusse personalmente un drappello di uomini (circa cinque persone, inclusi alcuni poliziotti militari con strumenti) oltre il cancello est della base. Era già oltre mezzanotte, nelle prime ore del 28 dicembre, quando il team di Halt raggiunse il luogo del presunto atterraggio del 26. Qui vennero subito misurati i livelli di radiazioni nel terreno con un dispositivo AN/PDR-27: le letture segnarono circa 0,07 milliroentgen/ora nei tre punti dell’impronta triangolare, contro un fondo naturale di 0,03–0,04 mR/h nelle zone circostanti. Pur essendo un valore moderato (paragonabile a una lieve radioattività ambientale), la strumentazione registrò un picco significativo proprio al centro del triangolo di impronte, fatto che colpì Halt e colleghi. Nel frattempo le radio di servizio gracchiavano interferenze, ulteriore elemento insolito notato dagli uomini mentre avanzavano tra gli alberi.
All’improvviso, la squadra avvistò verso est la stessa forte luce rossa tra i tronchi, nello stesso punto in cui era stata vista la prima notte. Erano circa le 1:30–2:00 del 28 dicembre. Halt descrisse l’oggetto come una massa ovoidale luminosa di colore rosso (“simile a un sole” nelle sue parole) sospesa a circa 4 metri da terra e pulsante di bagliori arancioni. L’UFO si muoveva lentamente tra gli alberi dirigendosi verso la radura oltre la foresta, in direzione di un vicino campo agricolo. I militari lo seguirono a debita distanza, finché raggiunsero il limite del bosco delimitato da una recinzione di filo spinato: oltre il recinto c’era un campo aperto chiamato Capel Green. Qui Halt e gli altri osservarono l’oggetto più chiaramente: “sembrava fatto di acciaio fuso”, avrebbe riferito il tenente colonnello, per via dell’aspetto luminoso e liquido delle sue superfici arroventate. Gli animali di una fattoria vicina intanto facevano versi inquieti, analogamente a quanto udito due notti prima.
Proprio in quell’istante accadde qualcosa di stupefacente: l’oggetto rosso improvvisamente emise un lampo accecante – Halt lo paragonò al flash di una fotocamera al sodio – e “si divise in cinque distinti oggetti bianchi luminosi” che si dispersero rapidissimi nel cielo. Subito dopo, tre “stelle” anomale comparvero in cielo: due verso nord e una verso sud, di colore mutevole rosso, verde e blu, che si muovevano con traiettorie irregolari a grande velocità. Una delle luci si posizionò bassa sull’orizzonte a sud e parve inviare a tratti un raggio di luce verso il suolo, come un sottile fascio discendente. Halt, esterrefatto, contattò via radio la torre di controllo della difesa aerea per chiedere conferme radar: gli risposero che non risultavano eco anomale sugli schermi in quel momento nella zona. Le tre luci continuarono i loro movimenti zigzaganti sopra la foresta per almeno un’ora, osservate a occhio nudo e con un visore notturno (starlight scope) dal gruppo di Halt. Alle 4 del mattino circa, con un ultimo bagliore, la luce meridionale svanì dall’orizzonte e Halt diede ordine di rientro alla base.
La registrazione audio effettuata da Halt durante l’operazione documenta quei momenti concitati: sul nastro si odono i commenti eccitati degli uomini e la voce di Halt che descrive la luce rossa pulsante “come un occhio che fa l’occhiolino verso di noi… ha un centro scuro, come una pupilla”, aggiungendo che il bagliore era talmente intenso da “quasi accecare attraverso il visore”. Al rientro in base, alcuni membri del team riferirono di aver scattato foto e girato un filmato con attrezzature a infrarossi, ma in seguito si scoprì che le immagini risultarono inutilizzabili (sfuocate o sovraesposte) e non fornirono prove visive conclusive.

Mattina del 29 dicembre 1980

La mattina seguente Charles Halt redasse immediatamente un rapporto scritto ufficiale sull’accaduto. Dopo aver raccolto anche le testimonianze scritte dei militari coinvolti nelle due notti (operazione completata entro i primi di gennaio 1981), Halt inviò una relazione sintetica al MoD –Ministry of Defence, Ministero della Difesa – britannico, datata 13 gennaio 1981 e intitolata “Unexplained Lights”. Questo documento, destinato a uso interno, elencava in modo asciutto i punti salienti: luci viste a bassa quota nella foresta, oggetto “metallico dall’aspetto luminoso con luci colorate” osservato tra gli alberi, tracce triangolari trovate al suolo (con livelli di radiazione sopra la norma) e luci volanti avvistate di nuovo due notti dopo con movimenti e fasci inspiegabili.
Halt concluse il memo riportando che “numerosi individui, incluso il sottoscritto, furono testimoni” di quegli eventi. Il rapporto non era classificato e doveva servire da notifica di routine alle autorità britanniche competenti. Per diverso tempo però di esso non trapelò nulla al pubblico, e anche all’interno della base di Bentwaters/Woodbridge il caso fu presto messo a tacere. Ma il “Rendlesham Incident” non era destinato a rimanere sepolto negli archivi: di lì a poco sarebbe diventato di dominio pubblico, scatenando un intenso dibattito destinato a durare decenni.

Le prove raccolte: tracce fisiche e documenti

A rendere il caso di Rendlesham particolarmente significativo sono le numerose prove tangibili e testimonianze ufficiali emerse, ben più di quelle disponibili per molti altri avvistamenti UFO. Vediamole in dettaglio:

Il memorandum di Halt

Il Memorandum di Halt

La prova primaria è proprio il rapporto scritto stilato dal ten. col. Charles Halt il 13 gennaio 1981, pochi giorni dopo gli eventi. Questo documento (noto come “Halt Memo”) fu reso pubblico soltanto nel 1983, quando un ricercatore americano ne ottenne copia attraverso il Freedom of Information Act (FOIA). La sua pubblicazione fece scalpore perché costituiva la conferma “ufficiale” che personale militare aveva realmente segnalato un incontro ravvicinato con un UFO in Inghilterra. Il memo di Halt, come accennato, riassume i fatti in modo conciso ma oggettivo: descrive “un oggetto luminoso, di aspetto metallico, con luci colorate” avvistato nella foresta, tre impronte nel terreno di forma triangolare con letture radioattive anomale, e luci volanti multicolori in cielo che “si muovevano rapidamente con movimenti angolari netti” e una che “proiettava un raggio di luce al suolo di tanto in tanto”. Il documento, pur breve (appena una pagina, immagine allegata), aggiunge credibilità alle testimonianze perché proveniente da un ufficiale superiore testimone diretto. Il Ministero della Difesa tuttavia, ricevuto il rapporto, non ritenne di avviare alcuna inchiesta approfondita – come emerso poi dai file declassificati, non esistono relazioni ufficiali aggiuntive oltre al memo di Halt. Ciò alimentò negli anni i sospetti di insabbiamento, ma potrebbe semplicemente riflettere lo scetticismo iniziale delle autorità.

Le registrazioni audio (Halt Tape)

Durante la ricognizione del 28 dicembre, Halt portò con sé un micro-registratore a cassette su cui narrò in tempo reale tutto ciò che vedeva. Il nastro, della durata di circa 18 minuti (con alcuni tagli), venne diffuso pubblicamente nel 1984 e rappresenta un documento sonoro unico nel suo genere. Ascoltando l’audio (con relativa trascrizione disponibile) si può seguire la squadra di Halt mentre misura le radiazioni sulle impronte e commenta le luci tra gli alberi e nel cielo. Si odono frasi concitate come: “C’è qualcosa là fuori, sembra un occhio che ci guarda… sto vedendo un bagliore rosso, lampeggia” e più avanti: “Ora vediamo un raggio che sembra scendere al suolo… oh mio Dio, sta proprio davanti a noi!”. Queste registrazioni, effettuate in presa diretta, costituiscono una prova suggestiva, perché catturano le reazioni a caldo dei testimoni e confermano che qualcosa di inusuale accadde realmente quella notte, almeno dal loro punto di vista. Allo stesso tempo, l’audio evidenzia anche dettagli utili agli analisti: ad esempio Halt cronometra l’intermittenza della luce rossa e nota che lampeggia ogni 5 secondi, un particolare che più tardi alcuni ricondussero al vicino faro costiero, il cui intervallo di lampeggiamento era proprio di 5 secondi. Dunque, questo documento  è stato scandagliato sia dai fautori dell’origine extraterrestre (come prova della genuina agitazione dei soldati) sia dagli scettici (per trovare indizi di spiegazioni prosaiche come appunto il faro).

Le tracce fisiche sul terreno

Come descritto, la squadra investigativa del 26 dicembre rilevò tre impronte circolari impresse nel suolo della radura. Questi segni, del diametro di ~17–20 cm e profondi pochi centimetri, vennero fotografati e replicati con calchi in gesso. Il fatto che fossero disposti a formare un perfetto triangolo equilatero fece pensare al carrello di atterraggio di un velivolo. Il ten. col. Halt in seguito portò con sé uno di questi calchi in diverse conferenze, affermando che dalla profondità dell’affossamento si poteva stimare un peso di diverse tonnellate per l’oggetto atterrato – ben più pesante di un eventuale veicolo terrestre leggero come la jeep di pattuglia di Kevin Conde. Come già accennato, tuttavia,  degli esperti forestali britannici interpellati successivamente (come l’astronomo e ufologo scettico Ian Ridpath) hanno concluso che quelle buche erano molto probabilmente tane di coniglio o di altri animali scavate nel sottobosco e poi parzialmente ricoperte di aghi di pino. Effettivamente l’area era nota per l’abbondanza di conigli selvatici, e la conformazione delle cavità coincideva con quel genere di buche. Quanto alle “bruciature” sui tronchi degli alberi, Ridpath scoprì tramite le autorità forestali che nella zona erano presenti tagli di accetta praticati per marcare le piante da abbattere (dunque segni preesistenti, non causati da alcun UFO). Insomma, due dei principali indizi fisici addotti a sostegno di un atterraggio alieno – impronte e bruciature – hanno trovato spiegazioni naturalistiche convincenti col senno di poi. Resta il fatto curioso delle misurazioni di radioattività: i militari registrarono sul posto valori circa doppi rispetto al fondo naturale. Tuttavia i livelli erano comunque molto bassi in termini assoluti – ordini di grandezza inferiori a situazioni pericolose – e soprattutto l’apparecchio utilizzato non era tarato per rilevazioni scientifiche precise su fonti così deboli. In pratica, la leggera differenza potrebbe essere dovuta a fluttuazioni normali o all’inesperienza nell’uso dello strumento. Non a caso, nei rapporti ufficiali successivi non vi è grande enfasi sul dato radioattivo, suggerendo che non fu ritenuto significativo.

Testimonianze scritte di altri testimoni

Un elemento importante sono anche le dichiarazioni autografe compilate dai militari coinvolti, subito dopo gli eventi. Nel gennaio 1981 Halt raccolse i resoconti dei suoi uomini: i documenti includono le deposizioni di Penniston, Burroughs, Cabansag e altri presenti, come il comandante di plotone Fred Buran e il maresciallo Chandler. Per molti anni questi file rimasero sconosciuti finché nel 1997 il ricercatore James Easton riuscì a ottenerne copia. Cosa rivelano? Innanzitutto che, nelle ore immediatamente successive all’evento del 26, Penniston e gli altri non menzionarono affatto alcun “UFO atterrato” né dettagli straordinari come quelli apparsi nelle loro memorie a distanza di tempo. Le note originali di Penniston parlavano di luci e di una forma indistinta scura nel bosco, ma nessuna descrizione di simboli né di contatto tattile – aspetti che invece emersero solo molti anni dopo, in interviste e libri, sollevando dubbi circa la loro autenticità. Burroughs e Cabansag, come già citato, nelle loro dichiarazioni scritte indicarono con chiarezza di aver compreso che la luce misteriosa era un faro o un’altra fonte distante quando tentarono di avvicinarla. Questi documenti coevi, dunque, ridimensionano di molto il racconto del primo incontro, almeno per come lo ricordano oggi i protagonisti. Per la seconda notte, Halt non fece compilare rapporti dettagliati agli altri membri della squadra (oltre al suo memo personale); ciò ha lasciato spazio a differenti versioni e ricordi contrastanti emersi nelle decadi seguenti.

Riscontri da fonti esterne

Infine, vanno citati i rapporti della polizia locale e delle autorità britanniche. Il registro della Suffolk Constabulary per la notte del 26 dicembre 1980 annota la chiamata ricevuta dalla base USAF e la verifica sul posto da parte di due agenti, che non riscontrarono nulla di insolito oltre alle luci del faro di Orford Ness in lontananza. Un successivo documento di un ispettore (Mike Topliss, 1999) ribadì che uno degli agenti intervenuti tornò sul luogo a giorno fatto, senza trovare alcuna evidenza, e commentò che con certe condizioni meteo i potenti fari della base di Bentwaters e del faro costiero potevano creare singolari effetti visivi nella notte. Il Ministero della Difesa dal canto suo pubblicò nel 2001, all’interno di un rilascio generale di dossier UFO, il proprio file su Rendlesham: si trattava principalmente di corrispondenza interna e lettere di cittadini curiosi, con nessuna smoking gun rivelata. Un sottosegretario alla Difesa (Lord Trefgarne) rispose a un’interrogazione parlamentare spiegando che, in base alle informazioni fornite dall’USAF, l’evento non era stato considerato di rilievo per la difesa e pertanto non c’era stata un’indagine formale. Questa assenza di approfondimento ufficiale è coerente con la linea dichiarata dal MoD, ma ovviamente alimenta le teorie di complotto tra chi ritiene ci sia stato un insabbiamento voluto.

Le teorie a confronto: UFO o spiegazioni convenzionali?

Ricostruzione dell’UFO di Rendelsham

Dall’analisi delle prove sopra esposte emergono due chiavi di lettura opposte del caso Rendlesham. Da un lato c’è chi vi vede la conferma di un incontro ravvicinato con un velivolo extraterrestre, dall’altro chi spiega il tutto come un insieme di equivoci e scherzi in un contesto particolare. Esaminiamo le principali ipotesi.

L’ipotesi UFO extraterrestre

Gli ufologi sostengono che quanto avvenuto a Rendlesham abbia le caratteristiche di un atterraggio UFO autentico, coinvolgendo più testimoni qualificati e persino lasciando tracce fisiche. Essi sottolineano che il personale militare addestrato difficilmente avrebbe confuso un faro o stelle per un mezzo atterrato a pochi metri da loro. Inoltre, fanno notare come i malfunzionamenti radio, i versi degli animali impauriti e le radiazioni anomale siano tutti elementi spesso riportati in casi di atterraggi di UFO e ritenuti compatibili con la presenza di un campo energetico sconosciuto. Un punto chiave per questa fazione è la credibilità degli ufficiali coinvolti: il ten. col. Halt era un comandante stimato e nel corso degli anni non ha mai ritrattato la sua storia – anzi, nel 2010 ha firmato un’affidavit (dichiarazione giurata) in cui afferma di credere che “quanto vidi quella notte fosse di origine extraterrestre” e che sia avvenuto un cover-up da parte dei governi americano e britannico. Halt è arrivato a dichiarare pubblicamente: “So quello che abbiamo visto e non era di questo mondo”.
Un altro testimone-chiave, il sergente Jim Penniston, col tempo ha arricchito il suo racconto sostenendo di aver toccato l’UFO e di aver ricevuto addirittura una sorta di “messaggio binario telepatico– una serie di numeri binari che egli trascrisse e che alcuni hanno interpretato come coordinate e testi in codice – dettagli che molti considerano fantasiosi, ma che per i sostenitori aggiungono peso all’idea di un contatto intelligente avvenuto a Rendlesham. Alcuni ufologi evidenziano anche che testimoni civili nei dintorni segnalarono avvistamenti di luci zigzaganti nei medesimi giorni, il che corroborerebbe l’evento su scala più ampia. Infine, viene spesso ricordato che la base di Bentwaters custodiva armamenti nucleari: diversi casi UFO nella storia (es. Malmstrom 1967) mostrano un interesse degli oggetti volanti per i siti nucleari, ipotizzando che qualunque entità pilotasse l’UFO di Rendlesham potesse essere attirata dalla presenza di testate atomiche.
In sintesi, l’ipotesi extraterrestre vede l’incidente come un incontro ravvicinato del secondo tipo (UFO atterrato con effetti fisici) genuino, con prove concrete e un successivo insabbiamento per evitare allarme pubblico. Organizzazioni ufologiche e autori di settore hanno definito Rendlesham “il caso UFO più importante di sempre in Gran Bretagna”, e figure come Nick Pope – ex funzionario del MoD – hanno sostenuto la serietà del caso, definendolo “il più intrigante e meglio documentato caso UFO al mondo, secondo solo a Roswell per fama”. Secondo questa linea di pensiero, solo una spiegazione non terrestre può abbracciare tutti gli elementi riportati dai militari (dal velivolo atterrato alle luci in volo) senza ridursi a coincidenze.

Le spiegazioni terrestri e convenzionali

Per contro, analisti scettici e scienziati hanno passato al setaccio il caso Rendlesham negli anni, proponendo spiegazioni del tutto convenzionali per ogni aspetto del mistero. La teoria più accreditata in ambienti scientifici è che si sia trattato di una combinazione di fenomeni distinti, tutti interpretabili come fenomeni naturali o attività umane, che la percezione dei testimoni ha collegato in un’unica narrazione UFO. Nello specifico, gli elementi citati sono:

  • Una meteora o bolide luminoso: Proprio attorno alle 3:00 del 26 dicembre 1980 fu registrato. da osservatori e astronomi, il passaggio di un brillante fireball meteor nei cieli dell’Inghilterra meridionale. Un bolide di questo tipo può illuminare a giorno il cielo per alcuni secondi e lasciare la scia. Gli esperti suggeriscono che la “luce rossa intensa” iniziale vista precipitare nel bosco dai soldati fosse in realtà questo meteorite che sfrecciava e si disintegrava nell’atmosfera. Ciò spiegherebbe la percezione di un oggetto in caduta. I militari, pensando a un aereo, si sono diretti in foresta in allerta, trovandosi poi immersi nel buio tra gli alberi.
  • Il faro di Orford Ness: Una volta nel bosco, i testimoni notarono una luce intermittente filtrare tra gli alberi, sempre nella stessa direzione verso est. A 8-10 km di distanza, sulla costa, sorgeva il potente faro di Orford Ness, allineato quasi esattamente con la visuale dalla foresta. Questo faro, uno dei più luminosi del Regno Unito all’epoca, emetteva un fascio bianco ogni 5 secondi e – come confermato in seguito – dal punto di avvistamento nella foresta appariva a “livello d’occhio” per via della lieve elevazione del terreno. In altre parole, in mezzo agli alberi bui si poteva scorgere, ad intervalli regolari, un lampeggio bianco provenire sempre dallo stesso punto all’orizzonte. Gli stessi resoconti originari di Cabansag e Burroughs indicano chiaramente che, camminando nel bosco, seguirono quella luce finché non capirono trattarsi di un faro lontano. Anche due sere dopo, Halt e la sua squadra, vedendo una luce lampeggiante rossa sull’orizzonte, molto probabilmente stavano osservando di nuovo il faro, magari percepito di colore rossastro perché attenuato dagli alberi e dalla foschia. Il col. Halt sul nastro descrive la luce come “che lampeggia talmente forte nel visore notturno da quasi accecare”, sintomo che stava usando un dispositivo intensificatore non adatto per luci brillanti, il che può aver distorto la visione. Dettaglio cruciale: analizzando il timing delle osservazioni di Halt, si è notato che i lampi della luce distante avvenivano a intervalli regolari di ~5 secondi, esattamente il periodo di Orford Ness. Dunque, l’ipotesi predominante è che ciò che i soldati inseguirono la prima notte e la “stella” rossa fissa vista da Halt la seconda notte fossero in realtà il faro costiero visto in condizioni inusuali, ovvero di notte, attraverso gli alberi e magari con la nebbia, poteva sembrare “muoversi” mentre chi si spostava nel bosco cambiava prospettiva. A supporto di questo va notato che all’1:00 del 26 dicembre 1980 il faro Shipwash (su una nave-faro al largo) era spento per manutenzione, quindi l’unica fonte costiera intermittente visibile era proprio Orford Ness.
  • Le “stelle” e corpi celesti: gli oggetti puntiformi osservati in cielo da Halt e uomini per ore potrebbero essere stati astri particolarmente luminosi. Gli scettici hanno individuato che la luce a sud vista da Halt (quella che emanava un fascio) corrispondeva esattamente alla posizione della stella Sirio, la più brillante del cielo invernale. Quando Sirio è bassa sull’orizzonte, spesso scintilla con colori diversi (rosso, blu, verde) a causa della rifrazione atmosferica – proprio come descritto nel memo. Altre “stelle” a nord potrebbero essere state Vega o Deneb ancora visibili a occidente. Insomma, dopo l’emozione iniziale, è plausibile che i militari abbiano guardato il cielo notturno notando astri che normalmente passano inosservati, interpretandoli però come UFO in stazionamento. Il movimento “a zig-zag” delle luci stellari può essere un’illusione ottica dovuta ai movimenti impercettibili dell’osservatore o a autocinesi (quando si fissa una luce in cielo al buio, l’occhio umano tende a percepire oscillazioni inesistenti).
  • Un rientro di razzo/satellite: un’altra teoria avanzata all’epoca fu che le luci potessero provenire dal rientro in atmosfera di un frammento di razzo o satellite. In quei giorni di fine dicembre 1980 un razzo sovietico Cosmos aveva immesso in orbita un satellite spia, e si ipotizzò che stadi del vettore in caduta potessero aver prodotto fenomeni luminosi visibili in zona. Questa spiegazione resta speculativa e non confermata da dati, ma venne considerata.
  • Luci di veicoli o scherzi deliberati: inizialmente emerse anche la possibilità che qualcuno avesse architettato uno scherzo ai danni delle guardie. In particolare, l’ex aviere USAF Kevin Conde dichiarò nel 2003 di essere stato lui, in un’altra occasione, a produrre strani giochi di luce nella foresta per burla: secondo la sua testimonianza alla BBC, una volta guidò la sua auto di pattuglia fuori dalla vista e accese le luci di emergenza rosse e blu, puntando anche fari bianchi tra gli alberi attraverso la foschia per spaventare i colleghi. Quando scoppiò il caso Rendlesham, Conde inizialmente negò di averlo fatto proprio la notte del 26 (affermando di essere in licenza per le feste), ma anni dopo confessò che l’idea gli era venuta e che avrebbe potuto essere replicata da altri. In ogni caso non vi è prova che la “teoria della pattuglia” spieghi gli avvistamenti principali: non combaciano del tutto orari e circostanze, e lo stesso Halt definì improbabile che i suoi uomini si fossero lasciati ingannare da una jeep con lampeggianti. Ad ogni modo, la vicenda ha dimostrato che all’epoca giravano voci di scherzi all’interno della base, segno che l’ipotesi di una mistificazione interna (per goliardia o per depistare) non è da escludere. Un esempio estremo di ciò è la storia emersa nel 2018 secondo cui l’intero incidente sarebbe stato orchestrato dai commandos SAS britannici come vendetta verso gli americani: i soldati d’élite SAS, catturati durante un’incursione di prova alla base, sarebbero stati umiliati e chiamati “alieni non identificati” dagli USAF, e per ripicca avrebbero inscenato un finto UFO con luci, razzi e palloni aerostatici radiocomandati nella foresta. Questa bizzarra teoria è stata successivamente smentita dallo stesso ricercatore che la diffuse – Dr. David Clarke – rivelandosi un altro falso all’interno del falso. Ciò però dimostra come l’idea di uno hoax militare abbia circolato a lungo.

In sintesi, la posizione scettica sostiene che “nulla di paranormale avvenne a Rendlesham”: il caso sarebbe frutto di concomitanza di eventi (meteora, faro, animali, stress post-festa, voci) malinterpretati da testimoni sinceri ma in errore. Come ha scritto il divulgatore Brian Dunning analizzando i dati, “ogni elemento riportato – luci nel cielo, segni nel terreno, animali agitati – preso singolarmente ha una spiegazione perfettamente logica… è solo quando li si ascolta tutti insieme che è facile concludere, come fecero i soldati, che la luce in cielo si sia trasformata in un’astronave aliena nella foresta”. Separare i pezzi del puzzle e spiegarli individualmente evita di cadere – dicono gli scettici – nell’illusione di uno scenario straordinario composto da “evidenze deboli sommate”. Anche la comunicazione tardiva e l’amplificazione mediatica avrebbero giocato un ruolo: il ritardo di due settimane nel rapporto di Halt portò a errori su date e confusione, mentre l’eco sui giornali spinse alcuni testimoni ad arricchire i ricordi negli anni successivi per assecondare la narrativa UFO. Perfino Jenny Randles, la ricercatrice UFO che per prima indagò Rendlesham negli anni ’80, col tempo ha rivisto le sue conclusioni affermando che “possiamo dire con certezza che nessun velivolo di altri mondi fu visto a Rendlesham Forest” e che l’evento fu molto probabilmente una serie di misperceptions di cose ordinarie in circostanze straordinarie. Alla luce di ciò, molti considerano l’incidente smentito o risolto: un caso emblematico di come anche personale addestrato possa ingannarsi in situazione di stress notturno.

Fattori psicologici e possibilità intermedie

Articolo del News of the World (2 ottobre 1983)

Esiste infine una linea interpretativa che tenta di conciliare le due visioni, attribuendo quanto avvenuto a fattori psicologici e di percezione, senza escludere del tutto una componente insolita. Secondo questa prospettiva, non servirebbe ipotizzare né gli extraterrestri né la malafede dei testimoni: il Rendlesham Incident potrebbe essere stato un esempio di suggestione collettiva e contagio psichico. I militari erano in allerta per la sicurezza della base in piena Guerra Fredda, influenzati da racconti locali – circolavano leggende di fantasmi in zona, come il “Ghost of East End Charlie” citato da Halt – e dal clima festivo/alcolico della sera precedente. Una volta che il primo gruppo tornò con la storia di un UFO nel bosco, l’idea attecchì e ogni luce o rumore venne reinterpretato sotto quella lente.
Il tenente colonnello Halt, pur scettico inizialmente, quando uscì a controllare di persona era ormai predisposto ad aspettarsi qualcosa di strano; nella frenesia notturna, potrebbe aver inconsciamente esagerato ciò che vedeva. L’ufologo scettico David Clarke ha addirittura ipotizzato che Halt possa aver vissuto una sorta di allucinazione guidata, vedendo ciò che temeva/si aspettava di vedere. Non sarebbe il primo caso nella storia militare di false percezioni di massa (si pensi ai fantasmi di trincea, o agli equivoci radar). D’altra parte, rimangono alcuni puzzle irrisolti: ad esempio, cosa causò realmente gli strani bagliori rossi osservati nella foresta? Possibile che un faro distante inganni a tal punto? Oppure vi era davvero un qualche fenomeno elettromagnetico sconosciuto (tipo plasma sferico o altro fenomeno geofisico) che incuriosì anche gli animali?
Alcuni autori propendono per la categoria degli UAP (Unidentified Aerial Phenomena) naturali: ovvero, un fenomeno atmosferico raro e non identificato che potrebbe aver generato luci di aspetto insolito nel bosco, poi abbracciate dalla narrazione UFO. Questa tesi “ibrida” ammette che qualcosa di anomalo possa essere successo, ma senza tirare in ballo gli alieni – semplicemente un fenomeno sconosciuto. In definitiva, la componente psicologica fu certamente determinante: una volta innescata l’idea dell’UFO, tutti i sensi dei testimoni si calibrarono su quello, dando vita a un classico caso di interpretazione errata collettiva resa però credibile dal contesto (soldati, base, memo ufficiale) e perciò assai difficile da sradicare dall’immaginario.

L’impatto mediatico e il soprannome “Roswell britannico”

Quando nel 1983 il memorandum di Halt venne reso pubblico tramite FOIA, la notizia esplose sui media britannici e internazionali. Fino ad allora, l’incidente di Rendlesham era rimasto confinato tra voci di base e pochi ufologi informati. Ma la conferma ufficiale che un colonnello USAF aveva scritto un rapporto su oggetti luminosi non identificati nella foresta inglese fece scalpore. I giornali titolarono “UFO nelle basi americane del Suffolk” e la BBC dedicò servizi speciali al caso. In breve, Rendlesham divenne il “Roswell britannico”: un presunto atterraggio UFO vicino a una base militare, coperto dal silenzio delle autorità.
Negli anni ’90 e 2000 il caso tornò ciclicamente alla ribalta con nuove rivelazioni, documentari e libri (tra cui Sky Crash di Brenda Butler, Dot Street e Jenny Randles, 1984; You Can’t Tell the People di Georgina Bruni, 2000). Quest’ultimo volume rilanciò l’ipotesi di un cover-up governativo, riportando testimonianze secondo cui un’intera unità avrebbe circondato il sito dopo l’evento per recuperare “materiali sconosciuti”. Queste versioni non hanno però riscontri documentali solidi, ma contribuirono ad alimentare il mito. Negli anni 2000 il MoD decise di declassificare e pubblicare in massa i propri file UFO: tra essi figuravano anche i documenti su Rendlesham, confermando che il caso era stato archiviato senza seguito perché “non di interesse per la difesa”. Questo non fece che accrescere la popolarità dell’episodio tra gli appassionati, poiché molti interpretarono la mancanza di indagine come segno di occultamento deliberato.
Oggi la foresta di Rendlesham è una meta turistica per appassionati di ufologia e curiosi. Le autorità locali hanno persino istituito un “UFO Trail”, un percorso escursionistico con pannelli informativi che ripercorrono i punti salienti dell’incidente del 1980. Nel bosco si trova anche una scultura metallica a forma di UFO, ispirata ai disegni di Penniston.

Conclusioni e riflessione finale

Il caso della foresta di Rendlesham resta uno dei più celebri e controversi episodi della storia ufologica moderna. A differenza di molti altri, possiede caratteristiche uniche: coinvolgimento militare documentato, testimonianze multiple, prove materiali (seppur ambigue) e un seguito mediatico duraturo. Tuttavia, a oltre quarant’anni dai fatti, non esiste una prova definitiva che quanto osservato avesse natura extraterrestre. Tutti gli indizi possono trovare spiegazioni terrestri plausibili – meteoriti, fari, stelle, suggestione – e le discrepanze nei resoconti rafforzano questa tesi. Allo stesso tempo, è innegabile che qualcosa di inusuale accadde davvero: uomini addestrati, in servizio in una base militare, registrarono e documentarono un fenomeno che non seppero identificare. Questo solo fatto rende Rendlesham un caso da studiare, più che da liquidare. In fondo, l’interesse per episodi come questo non risiede tanto nella ricerca di “prove aliene”, quanto nella comprensione di come percezione, contesto e narrativa interagiscano nel generare misteri. Rendlesham è un perfetto laboratorio di epistemologia del mistero: dimostra che, anche in un ambiente razionale come quello militare, la mente umana può costruire una storia straordinaria a partire da stimoli ambigui. Che si tratti di UFO o di un insieme di luci fraintese, il “Roswell britannico” rimane una lezione su come nascono i miti moderni – e su come, a volte, la verità possa brillare meno della leggenda che la avvolge.

Fonti documentarie

  • News of the World (2 ottobre 1983) – Titolo in prima pagina: “UFO Lands in Suffolk – And That’s Official!”, prima rivelazione pubblica del “Halt Memo”.
  • The Telegraph (intervista al col. Ted Conrad, 2011) – Dichiarazioni sull’inconsistenza delle prove UFO a Rendlesham.
  • BBC News (2001, 2009) – Servizi dedicati al rilascio dei file UFO del MoD e all’impatto culturale del “Roswell britannico”.
  • History Channel, BBC Panorama, National Geographic Channel – Documentari e special televisivi tra 1994 e 2014 sul caso Rendlesham.
  • Ian Ridpath (astronomo e ricercatore) – Analisi dettagliata sull’allineamento del faro di Orford Ness, sul ruolo delle stelle (Sirio, Vega) e sull’autokinesis.
  • David Clarke (università di Sheffield Hallam) – Studi sul rilascio dei file MoD e ipotesi psicologica/percettiva del caso (“hallucination hypothesis”).
  • Brian Dunning (Skeptoid, 2012) – Episodio dedicato al caso, con analisi razionale delle letture strumentali e della concatenazione di eventi.
  • Kevin Conde (USAF, intervista BBC 2003) – Testimonianza sul possibile “scherzo con le luci” nella foresta, successivamente ritrattata.
  • Skeptics Society / Skeptical Inquirer – Articoli comparativi sui casi Bentwaters e Orford Ness.
  • Butler, Brenda – Randles, Jenny – Street, Dot (1984) – Sky Crash: A Cosmic Conspiracy (Neville Spearman).
  • Bruni, Georgina (2000) – You Can’t Tell the People: The Cover-Up of Britain’s Roswell (Sidgwick & Jackson).
  • Pope, Nick – Burroughs, John – Penniston, Jim (2014) – Encounter in Rendlesham Forest (Thomas Dunne Books).
  • Randles, Jenny (2002) – UFO Reality: A Critical Look at the Physical Evidence – Conclusioni più scettiche sugli eventi di Rendlesham.
  • Nick Pope (ex MoD) – Interviste e conferenze pubbliche (National Press Club, Washington DC, 2010) sul ruolo del caso nella storia ufologica britannica.
  • Wikipedia (edizioni inglese e italiana) – Voci “Rendlesham Forest incident”, “RAF Bentwaters”, “Orford Ness Lighthouse”, “Charles I. Halt”.
  • Commons / Wikimedia – Riproduzioni del memorandum Halt, immagini della foresta e della scultura installata lungo il Rendlesham UFO Trail.
  • Reccom.org – Analisi divulgative italiane di sintesi sulle teorie scettiche e ufologiche.

Classe 1988. Laureata in Studi Orientali presso l'Università La Sapienza di Roma, Search Analyst di professione. Amante di storia, archeoastronomia, ufologia e paranormale. Consumatrice patologica di podcast. Nel 2023 ho fondato Lux Aliena, un progetto nato dal desiderio di condividere il viaggio alla scoperta dei misteri irrisolti del nostro pianeta e dell’universo.

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