Il Paradosso di Fermi: “Ma allora dove sono tutti quanti?”

L’universo contiene miliardi di galassie, ognuna delle quali ospita miliardi di stelle e, potenzialmente, miliardi di pianeti. Solo nella nostra galassia, la Via Lattea, si stima che ci siano circa 100 miliardi di stelle. Considerando l’elevato numero di pianeti che potrebbero ospitare condizioni favorevoli alla vita, sembra inevitabile che da qualche parte nell’universo esistano altre forme di vita intelligente. Eppure, nonostante decenni di ricerca scientifica e l’ascolto di segnali provenienti dallo spazio, non abbiamo trovato alcuna prova certa della loro esistenza.
Questo è il Paradosso di Fermi, una contraddizione che mette in discussione le nostre ipotesi sulla vita nell’universo. Formulato dal fisico Enrico Fermi (1901-1954) nel 1950, questo paradosso ruota attorno alla famosa domanda: “But where is everybody?”.

Indice dei contenuti:

Origine del Paradosso di Fermi

Siamo nel 1950, una giornata come tante presso i laboratori di Los Alamos, nel New Mexico, dove alcuni dei più brillanti scienziati del mondo lavoravano a progetti pionieristici. Enrico Fermi, uno dei fisici più celebri e rispettati del suo tempo, si trovava in pausa pranzo a tavola con alcuni colleghi, tra cui Emil Konopinski, Edward Teller e Herbert York. La conversazione si snodava tra argomenti leggeri e riflessioni scientifiche, quando qualcuno portò alla luce un tema che all’epoca stuzzicava l’immaginazione collettiva: gli avvistamenti UFO.
Gli anni ’50 segnarono il boom dell’interesse per gli oggetti volanti non identificati, alimentato da eventi come il presunto avvistamento di Kenneth Arnold nel 1947 e l’incidente di Roswell. Fermi ascoltava, apparentemente assorto nei suoi pensieri, mentre i colleghi scherzavano sull’idea di visitatori alieni. Poi, quasi dal nulla, Fermi alzò lo sguardo e chiese, con quella semplicità disarmante che caratterizzava la sua mente brillante: “Ma allora dove sono tutti quanti?”

Lo scienziato italiano Enrico Fermi.

La domanda colse tutti di sorpresa. In quelle poche parole, Fermi condensava un problema profondo e tutt’altro che banale. Se l’universo è così vasto e antico, con miliardi di stelle e pianeti potenzialmente abitabili, allora la vita intelligente dovrebbe essere abbondante. E se così fosse, perché non abbiamo mai rilevato segni della loro esistenza? Perché non vediamo astronavi, non riceviamo segnali radio o non troviamo tracce di civiltà galattiche?
I colleghi, colti dall’entusiasmo, iniziarono a discutere animatamente, proponendo possibili spiegazioni. Fermi, però, non sembrava interessato a risposte semplici o improvvisate. La sua domanda non era un’osservazione casuale, ma il germoglio di una riflessione più profonda, che sarebbe diventata uno dei più grandi enigmi dell’astrofisica moderna.
Quel momento segnò l’inizio di ciò che oggi conosciamo come il Paradosso di Fermi, un problema che continua a ispirare e tormentare scienziati e filosofi: se la vita intelligente è probabile, perché non abbiamo mai avuto prove scientifiche della sua esistenza? La semplicità della domanda e la sua portata universale hanno reso quell’episodio una pietra miliare nella storia della scienza e del pensiero umano.
Questa riflessione, semplice ma potentemente logica, scaturiva da alcune osservazioni:

  1. L’universo è antico: Con i suoi 13,8 miliardi di anni, ha avuto tutto il tempo per lo sviluppo di civiltà avanzate.
  2. La nostra galassia è enorme: Contiene miliardi di stelle, molte delle quali potrebbero ospitare pianeti abitabili.
  3. Le tecnologie per viaggiare o comunicare tra stelle non sono impossibili: Anche con velocità sub-luminari (inferiori alla velocità della luce, 300.000 km/s circa), una civiltà avanzata potrebbe colonizzare l’intera galassia in pochi milioni di anni.

Se questi presupposti sono validi, perché non abbiamo mai rilevato segnali o tracce certe di visitatori alieni? Questa è la contraddizione centrale del Paradosso di Fermi.

L’Equazione di Drake: un tentativo di quantificazione

Nel 1961, Frank Drake (1930-2022), un astronomo americano, propose un’equazione per stimare il numero di civiltà tecnologicamente avanzate nella nostra galassia con cui potremmo entrare in contatto. L’Equazione di Drake è composta da sette fattori:

N=RfpneflfifcL

Dove:

  • è il tasso di formazione delle stelle nella galassia.
  • è la frazione di stelle con sistemi planetari.
  • ne è il numero medio di pianeti abitabili per sistema planetario.
  • fl è la frazione di pianeti abitabili su cui si sviluppa la vita.
  • fi è la frazione di vita che evolve in intelligenza.
  • fc è la frazione di civiltà che sviluppano capacità di comunicazione rilevabili.
  • L è la durata durante la quale tali civiltà comunicano.

L’equazione mostra che anche una piccola variazione in uno di questi parametri può influire drasticamente sul risultato (a questo link potete trovare un calcolatore online che consente di giocare con i vari parametri). Questo riflette l’incertezza che circonda la nostra comprensione dell’universo.
Ogni fattore è altamente incerto, ma anche con ipotesi conservatrici, i risultati dell’equazione suggeriscono che la nostra galassia dovrebbe ospitare centinaia o migliaia di civiltà avanzate. Tuttavia, il silenzio che osserviamo nell’universo rende ancora più complesso spiegare il Paradosso di Fermi.

Frank Drake.

Possibili Soluzioni al Paradosso di Fermi

Esploriamo insieme alcune delle tesi che sono state formulate in relazione al Paradosso di Fermi.

1. Siamo soli nell’universo

La spiegazione più semplice al Paradosso di Fermi è che siamo l’unica civiltà intelligente nell’universo, o almeno nella nostra galassia. Questa ipotesi si basa sulla bassa probabilità che la vita si evolva spontaneamente fino a raggiungere un livello tecnologicamente avanzato.
Molti fattori sono necessari affinché la vita, come la conosciamo, possa svilupparsi su un pianeta. Tra questi troviamo:

  • Fattori astronomici: La posizione del pianeta all’interno della galassia è cruciale. Deve trovarsi in una regione stabile, lontano dalle aree con alta densità stellare, dove il rischio di eventi catastrofici come esplosioni di supernova è maggiore. Inoltre, l’orbita del pianeta attorno alla stella deve essere stabile e trovarsi nella cosiddetta zona abitabile (Habitable Zone), dove l’acqua liquida può esistere sulla superficie.
  • Fattori planetari e satellitari: La presenza di una grande luna, come la nostra, potrebbe essere essenziale. La Luna stabilizza l’inclinazione assiale della Terra, prevenendo fluttuazioni climatiche estreme che avrebbero potuto ostacolare lo sviluppo della vita complessa.
  • Fattori chimici e biologici: Le molecole complesse, come il DNA, che sono alla base della vita, rappresentano sistemi chimici estremamente sofisticati. La formazione spontanea di tali molecole rimane, per ora, un fenomeno senza modelli scientifici pienamente verificabili.

Anche se si verificano tutte queste condizioni favorevoli, l’evoluzione della vita intelligente richiede ulteriori coincidenze. Eventi come l’estinzione dei dinosauri, che ha permesso ai mammiferi di prosperare, rappresentano processi casuali che possono non verificarsi altrove. Gli studi sul nostro sistema solare supportano questa visione, suggerendo che la Terra possa essere un caso eccezionale. Questa prospettiva, nota come Ipotesi della Rarità della Terra, implica che potremmo essere soli o quasi soli nell’universo.
Tuttavia, l’ipotesi viene criticata sostenendo che la vita non debba necessariamente essere come quella terrestre. Potrebbe evolversi in condizioni molto diverse e non basarsi sul carbonio. Nonostante ciò, queste idee rimangono speculative, poiché l’unica forma di vita conosciuta e studiata è quella terrestre. Un’altra teoria correlata è quella della panspermia, che suggerisce che la vita possa essere stata distribuita attraverso l’universo da frammenti di asteroidi o comete, o addirittura diffusa intenzionalmente da altre civiltà avanzate (panspermia deliberata, proposta da Francis Crick). Quest’ultima teoria però non risolve il problema, ma lo sposta su un altro pianeta o sistema, dove si ripresentano le stesse difficoltà nel giustificare l’origine della vita.

2. Le civiltà evolute hanno breve durata

Un altro parametro importante dell’Equazione di Drake è la durata media di una civiltà tecnologicamente avanzata. Frank Drake stimò questo valore in circa 10.000 anni, calcolati dal momento in cui una civiltà acquisisce la capacità di comunicare tramite onde radio. Tuttavia, questa durata potrebbe essere significativamente più breve a causa di rischi naturali o culturali.

  • Cause culturali: Le civiltà avanzate potrebbero autodistruggersi. La disponibilità di tecnologie potenti, come armi nucleari o intelligenze artificiali mal gestite, aumenta il rischio di auto-annientamento. La storia umana, con le sue guerre e tensioni globali, dimostra quanto una civiltà possa essere vulnerabile alle sue stesse creazioni.
  • Cause naturali: Eventi catastrofici, come l’impatto di un asteroide o l’eruzione di un supervulcano, rappresentano un rischio costante. La Terra ha già subito numerose estinzioni di massa, come quella dei dinosauri, e tali eventi potrebbero distruggere una civiltà tecnologica o farla regredire a uno stadio primitivo.

Il problema nel valutare questa ipotesi è che non disponiamo di un campione statistico sufficiente. Al momento, l’unica civiltà tecnologica conosciuta è la nostra, e questo introduce un bias di selezione: non possiamo estrapolare la durata media delle civiltà basandoci solo sul nostro caso.

3. Esistono, ma sono troppo lontane nello spazio e nel tempo

L’universo è incredibilmente vasto, e le distanze tra le stelle e le galassie rappresentano una barriera significativa alla comunicazione e all’esplorazione. Per esempio, la luce impiega oltre 2 milioni di anni per raggiungere la galassia più vicina, Andromeda. Anche all’interno della nostra galassia, una civiltà potrebbe trovarsi così lontana che le sue trasmissioni non hanno ancora raggiunto la Terra.
Secondo l’Equazione di Drake, si stima che potrebbero esistere circa 600 civiltà nella Via Lattea, ma queste potrebbero essere distribuite a distanze tali da rendere impossibile una comunicazione. Un’altra possibilità è che alcune civiltà esistano in periodi storici diversi. Due civiltà vicine nello spazio, ma separate da migliaia di anni, potrebbero non coesistere nello stesso arco temporale. Un’obiezione comune a questa teoria riguarda le comunicazioni elettromagnetiche: le onde radio viaggiano alla velocità della luce, quindi, teoricamente, potrebbero essere rilevabili anche a grandi distanze. La mancanza di segnali rilevati dal programma SETI (di cui parleremo meglio a breve) è un punto critico contro questa ipotesi.
Roger Penrose, nel contesto della sua teoria della cosmologia ciclica conforme, ha suggerito che alcune anomalie nella radiazione cosmica di fondo potrebbero essere segnali di civiltà aliene esistite in un universo precedente al Big Bang. Questo sposterebbe il problema a scale temporali cosmologiche, oltre la nostra capacità di investigazione attuale.

4. Esistono, ma non vogliono comunicare

È possibile che molte civiltà extraterrestri siano tecnologicamente avanzate, ma non abbiano interesse o volontà di comunicare con altre specie. Questo può derivare da diversi fattori:

  • Disinteresse o paura: Potrebbero considerare l’umanità troppo arretrata per valere un contatto, oppure temere le conseguenze di un’interazione.
  • Evitare danni culturali: Le civiltà potrebbero ritenere che il contatto con una specie meno sviluppata provocherebbe più danni che benefici.

Tuttavia, concepire una civiltà aliena come un’entità monolitica è problematico: al suo interno potrebbero esistere individui o gruppi con idee diverse, inclusi quelli desiderosi di comunicare. Inoltre, una civiltà tecnologica evoluta produrrebbe inevitabilmente segnali inconsapevoli, come comunicazioni locali, che potrebbero essere rilevati.
All’interno di questo contesto troviamo la Teoria della Foresta Oscura, proposta per la prima volta dall’astronomo David Brin nel 1983 e successivamente popolarizzata da Liu Cixin, autore della trilogia Il problema dei tre corpi, da cui è stata tratta l’omonima serie TV di successo (qui il link all’acquisto del primo libro). Nel secondo romanzo della serie, La materia del cosmo (2008), suggerisce che l’universo sia come una foresta oscura. In questo scenario, ogni civiltà intelligente si nasconde per paura di essere individuata e distrutta da altre civiltà.
Gli assiomi centrali della teoria sono:

  1. La sopravvivenza è il bisogno primario di ogni civiltà.
  2. Le risorse dell’universo sono limitate, e le civiltà possono essere viste come potenziali concorrenti.

Questa teoria è suggestiva, ma presenta alcune criticità: le civiltà tecnologiche producono segnali elettromagnetici inevitabili durante la loro fase di sviluppo, e non è detto che tutte le civiltà adottino un comportamento paranoico.

La nostra collocazione nella Via Lattea.

Il Segnale Wow!

Tra i pochi eventi che hanno alimentato la speranza di individuare una civiltà extraterrestre, il Segnale Wow! è uno dei più celebri e misteriosi. Questo segnale radio fu captato il 15 agosto 1977 dall’astronomo Jerry R. Ehman mentre lavorava con il radiotelescopio Big Ear, presso l’Ohio State University. Il segnale, proveniente dalla costellazione del Sagittario, aveva una durata di 72 secondi ed era così peculiare che Ehman lo annotò con l’esclamazione “Wow!” a margine del report.
Il segnale possedeva caratteristiche che lo rendevano straordinariamente interessante:

  • Intensità: La sua potenza superava significativamente il livello di rumore di fondo.
  • Frequenza: Era centrato su 1420 MHz, una frequenza associata all’emissione naturale dell’idrogeno, spesso considerata ideale per le comunicazioni interstellari.
  • Origine: Sembrava provenire da una direzione precisa, escludendo interferenze terrestri o satellitari conosciute.

Nonostante numerosi tentativi successivi di rilevarlo nuovamente, il Segnale Wow! non è mai più stato osservato, rimanendo un enigma irrisolto. Alcuni scienziati ipotizzano che possa essere stato generato da una sorgente naturale sconosciuta, mentre altri credono possa rappresentare un frammento fugace di un messaggio extraterrestre.

Il progetto SETI

Il SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) è uno dei programmi scientifici più ambiziosi nella ricerca di vita intelligente nell’universo e si collega direttamente al Paradosso di Fermi. Fondato ufficialmente negli anni ’60, il SETI nasce dall’idea che le civiltà extraterrestri, se esistono, potrebbero emettere segnali elettromagnetici rilevabili, come onde radio o segnali luminosi. Il Paradosso di Fermi, rappresenta il punto di partenza logico per questa ricerca. Se esistono migliaia o milioni di civiltà intelligenti nella nostra galassia, perché non abbiamo ancora rilevato alcun segnale da loro?

Il ruolo di Frank Drake, il padre del SETI

Il SETI deve gran parte della sua esistenza a Frank Drake, lo stesso astronomo americano che nel 1961 non solo ideò l’Equazione di Drake, ma avviò anche il primo esperimento scientifico sistematico per cercare segnali extraterrestri: il Progetto Ozma. Questo esperimento utilizzò un radiotelescopio presso l’Osservatorio Green Bank, nella Virginia Occidentale, per monitorare due stelle vicine, Tau Ceti ed Epsilon Eridani, nella speranza di captare segnali radio artificiali. Sebbene non rilevò nulla, il Progetto Ozma pose le basi per la moderna ricerca SETI. Il progetto SETI, inoltre, vede la partecipazione dell’eminente astrofisico (e autore del libro Contact, da cui è stato tratto l’omonimo film con Jodie Foster)  Carl Segan (1934-1996), che ritroveremo anche nel contesto del progetto METI.

Il futuro del SETI: nuove tecnologie e opportunità

Il SETI continua ancora oggi a evolversi grazie a innovazioni tecnologiche e a finanziamenti privati che ne ampliano la portata. Uno degli sviluppi più significativi è il progetto Breakthrough Listen, lanciato nel 2015 con un finanziamento di 100 milioni di dollari dal miliardario Yuri Milner. Questo programma rappresenta il più grande e ambizioso sforzo SETI mai intrapreso. Esso utilizza alcuni dei radiotelescopi più potenti al mondo, come il Green Bank Telescope negli Stati Uniti e il Parkes Observatory in Australia, per analizzare miliardi di frequenze radio e ottiche.
Breakthrough Listen promette di espandere la ricerca SETI in modi senza precedenti:

  • Monitorando milioni di stelle.
  • Analizzando galassie vicine.
  • Esplorando l’intero spettro elettromagnetico con una sensibilità senza precedenti.

Square Kilometre Array (SKA): il futuro della radioastronomia

Il Square Kilometre Array (SKA), attualmente in costruzione tra Sudafrica e Australia, sarà il radiotelescopio più grande del mondo. Con una superficie di raccolta combinata pari a un chilometro quadrato, l’SKA avrà una sensibilità 50 volte maggiore rispetto agli strumenti attuali. Questa infrastruttura permetterà di rilevare segnali debolissimi provenienti da regioni remote della galassia, aumentando significativamente le possibilità di identificare segnali extraterrestri.

Nuove frontiere per il SETI

Oltre alla ricerca tradizionale, il SETI sta esplorando nuovi approcci:

  • Analisi ottica: I segnali luminosi, come i lampi laser, potrebbero rappresentare un mezzo di comunicazione interstellare più avanzato.
  • Elaborazione dati avanzata: L’intelligenza artificiale e il machine learning stanno rivoluzionando l’analisi dei dati astronomici, aiutando a identificare modelli o anomalie che potrebbero sfuggire agli esseri umani.
Il SETI Institute.

Progetto METI: Comunicare con gli extraterrestri

Il METI (Messaging to Extra-Terrestrial Intelligence), a differenza del SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), adotta un approccio attivo nella ricerca di civiltà extraterrestri. Mentre il SETI si concentra sull’ascolto passivo del cosmo, cercando segnali elettromagnetici che potrebbero indicare l’esistenza di vita intelligente, il METI si pone l’obiettivo di inviare intenzionalmente messaggi nello spazio per stabilire un contatto diretto con potenziali civiltà aliene.

Differenze fondamentali tra SETI e METI

  • SETI (Ascolto passivo):
    Il SETI cerca di individuare segnali radio o ottici provenienti da civiltà extraterrestri, basandosi sull’idea che altre specie tecnologiche potrebbero comunicare nello stesso modo in cui lo facciamo noi. È un processo non invasivo e privo di rischi immediati, poiché implica semplicemente osservare e interpretare il “rumore” cosmico alla ricerca di segnali artificiali.
  • METI (Comunicazione attiva):
    Il METI, al contrario, richiede l’invio di messaggi deliberati nello spazio, utilizzando potenti trasmissioni radio o impulsi laser per comunicare informazioni sulla Terra e sull’umanità. Questo approccio implica un coinvolgimento diretto e potenzialmente rischioso, poiché espone la nostra esistenza e la nostra posizione nel cosmo a chiunque possa essere in ascolto.

Il Messaggio di Arecibo: il pioniere del METI

Uno dei primi esempi di METI è stato il celebre Messaggio di Arecibo, trasmesso il 16 novembre 1974 dal radiotelescopio di Arecibo, a Porto Rico. Questo segnale, inviato verso l’ammasso globulare M13 a circa 25.000 anni luce di distanza, fu progettato per contenere una quantità significativa di informazioni codificate in un formato binario. Tra i contenuti del messaggio figuravano:

  • I numeri da 1 a 10.
  • Gli elementi chimici fondamentali per la vita.
  • Una rappresentazione grafica della doppia elica del DNA.
  • Una figura stilizzata di un essere umano.
  • La posizione del sistema solare rispetto alla Via Lattea.
  • Una rappresentazione del telescopio di Arecibo.

Il messaggio fu principalmente simbolico, dato che M13 è così distante che il segnale impiegherà migliaia di anni per arrivarci. Tuttavia, l’evento rappresentò un passo importante nell’ambito della comunicazione interstellare, dimostrando che l’umanità era pronta a “farsi sentire”. Qui potete visualizzare i dettagli del Messaggio di Arecibo.

Controversie e rischi del METI

Nonostante il fascino e l’audacia del METI, il suo approccio è stato oggetto di dibattito all’interno della comunità scientifica. Le opinioni divergono su diversi aspetti:

  1. Rischi di contatto con civiltà ostili:
    Scienziati del calibro di Stephen Hawking (1942-2018, qui il link alla bibliografia acquistabile su Amazon) hanno espresso preoccupazioni sul fatto che attirare l’attenzione di civiltà aliene possa essere pericoloso. Hawking avvertiva che civiltà avanzate potrebbero considerare l’umanità una minaccia o una risorsa da sfruttare, come accadde quando culture avanzate terrestri entrarono in contatto con popolazioni meno tecnologicamente sviluppate. Questa posizione era completamente opposta a quella presidiata da Carl Segan, decisamente più ottimista circa lo scenario di contatto con una specie extraterrste.
  2. Possibili benefici:
    Altri scienziati e sostenitori del METI vedono nella comunicazione attiva un’opportunità unica per superare il Paradosso di Fermi. Se il silenzio cosmico è il risultato di civiltà che aspettano segnali da altre, allora l’iniziativa del METI potrebbe rompere questa stasi e aprire un dialogo interstellare.
  3. Etica e consenso globale:
    Alcuni critici del METI ritengono che inviare messaggi nello spazio sia una decisione troppo importante per essere lasciata a pochi individui o organizzazioni. Questa scelta, che potrebbe avere conseguenze per l’intero pianeta, dovrebbe essere soggetta a un consenso globale e a una regolamentazione internazionale.

Progetti METI recenti e futuri

Oltre al Messaggio di Arecibo, altri progetti di comunicazione interstellare sono stati sviluppati negli anni:

  • Cosmic Call (1999, 2003): Una serie di messaggi trasmessi verso diverse stelle vicine, contenenti informazioni sulla Terra e sull’umanità.
  • Teen Age Message (2001): Un progetto russo che coinvolgeva messaggi inviati con l’aiuto di giovani studenti.
  • Breakthrough Message: Parte delle iniziative Breakthrough di Yuri Milner, si propone di progettare nuovi messaggi che rappresentino l’umanità in modo accurato e significativo.

Le tecnologie di trasmissione stanno diventando sempre più avanzate, e i messaggi futuri potrebbero includere dati complessi, come immagini o addirittura simulazioni 3D, che potrebbero trasmettere meglio l’essenza della nostra civiltà.

Implicazione del METI

Il METI si collega strettamente al Paradosso di Fermi, ponendosi come possibile soluzione al silenzio cosmico. Se il motivo per cui non abbiamo rilevato segnali extraterrestri è che nessuna civiltà si espone volontariamente, allora il METI potrebbe essere il catalizzatore per un contatto. Tuttavia, il suo successo dipende da numerose incognite:

  • Le civiltà aliene sono in grado di rilevare e decifrare i nostri segnali?
  • La nostra decisione di comunicare è vista come un atto di amicizia o come una provocazione?
  • Quali sono le probabilità che i nostri segnali raggiungano una civiltà nella breve finestra temporale in cui potrebbe rispondere?

Se siete affascinati da queste incognite, vi consiglio caldamente la lettura del libro The Contact Paradox di Keith Cooper.

Il Golden Record

Il Messaggio di Arecibo non è stato l’unico messaggio lanciato nel cosmo da parte della specie umana: il  Golden Record è stato un altro tentativo dell’umanità di comunicare con civiltà extraterrestri. Si tratta di un messaggio simbolico che viaggia nello spazio a bordo delle sonde Voyager 1 e Voyager 2, lanciate rispettivamente il 5 settembre e il 20 agosto 1977. Ideato da un team di scienziati guidati da Carl Sagan, questo disco dorato rappresenta un “ritratto” dell’umanità e del nostro pianeta, progettato per essere scoperto e decifrato da eventuali civiltà extraterrestri.

Il Golden Record.

Origine e scopo del Golden Record

Nel contesto delle missioni Voyager, progettate per esplorare i pianeti esterni del Sistema Solare e oltre, la NASA decise di includere un messaggio simbolico per rappresentare l’umanità. Carl Sagan, insieme al suo team, prese ispirazione dalla placca Pioneer, un messaggio simile inviato a bordo delle sonde Pioneer 10 e 11, ma decise di realizzare qualcosa di molto più completo e dettagliato.
L’obiettivo del Golden Record non era tanto quello di garantire un effettivo contatto con civiltà extraterrestri, data la vastità dello spazio e le probabilità estremamente basse che una sonda venga intercettata. Piuttosto, il progetto rappresenta una testimonianza della nostra civiltà e del desiderio umano di esplorare e connettersi con l’universo.

Contenuti del Golden Record

Il disco dorato contiene un’ampia varietà di informazioni, selezionate per offrire una panoramica sulla diversità della vita, della cultura e della scienza umana. Ecco i principali elementi inclusi:

  1. Saluti in 55 lingue:
    Un messaggio universale di benvenuto, con saluti in lingue diverse, tra cui l’inglese, il cinese, lo swahili, l’arabo e il latino. Ogni saluto riflette la varietà culturale e linguistica del nostro pianeta.
  2. Suoni della Terra:
    Una raccolta di suoni naturali e artificiali che rappresentano la vita sulla Terra. Questi includono:

    • Il suono delle onde oceaniche.
    • Tuoni e pioggia.
    • Il canto degli uccelli e il ruggito di animali.
    • Suoni umani, come il battito cardiaco e il pianto di un bambino.
  3. Musica:
    Il Golden Record contiene 27 tracce musicali selezionate per riflettere la diversità culturale e artistica dell’umanità. La raccolta spazia da pezzi classici, come il Preludio e Fuga in Do Maggiore di Johann Sebastian Bach, a musiche tradizionali di culture diverse, come il gamelan indonesiano, il canto degli aborigeni australiani e il blues americano.
  4. Immagini:
    Oltre ai suoni, il disco contiene un set di 115 immagini codificate in formato analogico. Queste immagini rappresentano:

    • La vita sulla Terra (es. paesaggi, animali, esseri umani).
    • Diagrammi scientifici che spiegano la struttura del DNA, la posizione del nostro Sistema Solare e altre informazioni fondamentali.
    • Scene della vita quotidiana umana, come un pranzo familiare o un mercato.
  5. Messaggi scritti:
    Il Golden Record include messaggi di figure di spicco dell’epoca, come l’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kurt Waldheim, che ha scritto un messaggio di pace e speranza.
  6. Informazioni scientifiche:
    Il disco contiene istruzioni per decifrare i dati e un diagramma che indica la posizione del Sistema Solare rispetto a 14 pulsar, una sorta di “indirizzo cosmico”.

Cliccando qui potete ascoltare per intero il messaggio contenuto nel Golden Record.

Progettazione tecnica del Golden Record

Il Golden Record è realizzato in rame placcato d’oro, un materiale scelto per resistere alle condizioni ostili dello spazio interstellare. Sul coperchio del disco è inciso un diagramma che fornisce istruzioni su come leggere il contenuto e un riferimento alla velocità della luce, utilizzata come unità universale di misura.
Il disco può essere letto utilizzando un semplice giradischi, e include anche una testina di lettura allegata. Le immagini e i suoni sono codificati in formato analogico, e le istruzioni per la decodifica sono progettate per essere comprensibili anche da civiltà che potrebbero non condividere il nostro linguaggio o il nostro sistema di simboli.

Viaggio e destino del Golden Record

Le sonde Voyager, attualmente in viaggio nello spazio interstellare, stanno portando il Golden Record oltre i confini del Sistema Solare. Voyager 1 è l’oggetto costruito dall’uomo più lontano dalla Terra, e si sta dirigendo verso la costellazione di Ofiuco. Tuttavia, impiegherà decine di migliaia di anni per raggiungere un’altra stella.
Le possibilità che il Golden Record venga trovato da una civiltà extraterrestre sono estremamente basse. Tuttavia, come disse Carl Sagan, “Il messaggio è più per noi che per loro”. È una testimonianza del nostro desiderio di comunicare, esplorare e lasciare un segno nel cosmo.

Conclusioni

Il Paradosso di Fermi non è solo una questione scientifica, ma una sfida per la nostra comprensione del nostro posto nell’universo. Se fossimo soli, ciò sottolineerebbe l’unicità e la fragilità della vita terrestre. D’altro canto, se altre civiltà esistono, dovremmo ripensare il nostro ruolo come specie.
Il Paradosso di Fermi continua a stimolare domande fondamentali sull’universo e sulla nostra esistenza. Nonostante il silenzio cosmico, la ricerca di vita extraterrestre non si ferma. Programmi come il SETI, il METI, il telescopio James Webb e le missioni verso Marte offrono speranze per svelare questo mistero.
La risposta alla domanda “Ma allora dove sono tutti quanti?” potrebbe cambiare per sempre il nostro modo di vedere l’universo e il nostro posto in esso. Tuttavia, fino a quel momento, il Paradosso di Fermi rimane una delle questioni più affascinanti e stimolanti della scienza moderna.

Fonti e risorse:

  • The Contact Paradox, Keith Cooper (qui trovate il link per l’acquisto)
  • https://www.nemora.it/giovanni-xxiii-alieni-e-specola-vaticana/
  • https://en.wikipedia.org/wiki/Fermi_paradox
  • https://www.geopop.it/il-paradosso-di-fermi-spiegazione/
  • https://www.passioneastronomia.it/il-paradosso-di-fermi-spiegato/
  • https://media4.obspm.fr/pianeti-extrasolari/pages_theme-vie/paradoxe-de-fermi.html
  • https://science.nasa.gov/mission/voyager/voyager-golden-record-overview/
  • https://www.seti.org/
  • https://meti.org/
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