Carl Gustav Jung e l’ipotesi psicosociale sugli UFO

Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, un nuovo mistero affollò i cieli e l’immaginario collettivo: i “dischi volanti” o UFO (Oggetti Volanti Non Identificati). Avvistamenti di strani oggetti nel cielo si moltiplicarono a tal punto da diventare un vero fenomeno di massa, alimentando curiosità, speranze e timori. Persino Carl Gustav Jung, celebre psichiatra svizzero e fondatore della psicologia analitica, si interessò a questo enigma contemporaneo. Nel 1958 pubblicò il saggio Un mito moderno. Le cose che si vedono in cielo, offrendo un’interpretazione inedita degli UFO: non tanto prove di visitatori alieni, quanto piuttosto un fenomeno psicosociale carico di significati simbolici e psicologici. In questo dossier esploreremo l’interpretazione junghiana degli UFO, il contesto storico-culturale in cui il fenomeno emerse nel dopoguerra, il confronto con le idee di altri studiosi (da Jacques Vallée a J. Allen Hynek, fino ad approcci psicologici e sociologici contemporanei) e le implicazioni archetipiche e culturali della lettura junghiana.

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L’interpretazione degli UFO secondo Jung

Carl Gustav Jung (1875-1961)

Carl Gustav Jung affrontò il tema degli UFO con la serietà di un fenomeno collettivo degno di studio, indipendentemente dalla sua natura fisica. Nel suo saggio del 1958 Un mito moderno. Le cose che si vedono in cielo, Jung propose che i dischi volanti fossero in parte spiegabili come manifestazioni psicologiche collettive​. In altre parole, invece di considerare gli UFO come astronavi aliene, egli li interpretò come un mito moderno, una narrazione emergente dall’inconscio collettivo in risposta allo spirito dei tempi​. Jung sottolineò la carica simbolica degli avvistamenti: la frequente forma circolare dei dischi volanti richiamava il simbolo del mandala, immagine archetipica della totalità e della completezza psichica​. Secondo Jung, vedere “cose circolari nel cielo” poteva rappresentare una proiezione esterna di un bisogno interno di ordine e pienezza: una risposta dell’inconscio collettivo a un periodo di ansia e disorientamento.

Jung rimase volutamente prudente riguardo alla realtà fisica degli UFO. La sua posizione era “qualcosa effettivamente viene visto, ma non si sa cosa sia”. Egli riconosceva la possibilità che vi fosse un oggetto reale all’origine di certi avvistamenti – dopotutto, alcuni UFO erano stati rilevati anche dai radar e descritti da testimoni affidabili. Di conseguenza, Jung non escludeva una spiegazione materiale; anzi, dichiarò che “una spiegazione puramente psicologica è da escludersi”, dato che molti avvistamenti mostravano segni di un fenomeno intelligente. In un’intervista del 1958 affermò che i dischi volanti apparivano “reali” e dotati di “guida intelligente e piloti quasi umani”​. Tuttavia, queste parole furono fraintese dalla stampa, che le interpretò come una conversione di Jung alla fede negli UFO fisici. Lo psicologo chiarì subito dopo di non aver preso posizione definitiva sulla natura del fenomeno, lamentando come i media l’avessero dipinto erroneamente come un convinto “credente”​. In realtà, la sua attenzione era rivolta soprattutto al significato psicologico del fenomeno UFO, indipendentemente dal fatto che gli UFO fossero oggetti solidi o visioni collettive.
Jung riassunse così il suo pensiero: “Gli UFO potrebbero essere reali o psichici. Entrambi sono reali, ma in modi differenti”​. Non avendo prove conclusive né pro né contro la loro materialità, egli scelse di indagare quello che gli UFO rappresentavano per la psiche umana, piuttosto che la loro origine tecnica​.

Un aspetto chiave dell’analisi junghiana è la funzione compensatoria e mitopoietica degli UFO. Egli vide negli avvistamenti un’occasione per assistere in diretta alla nascita di un mito moderno: “Abbiamo qui un’occasione d’oro per vedere come nasce una leggenda e come, in un tempo oscuro e difficile per l’umanità, cresce un racconto miracoloso di un tentativo d’intervento da parte di potenze ‘celesti’ extraterrestri”​. In un’epoca in cui l’umanità guardava con speranza e timore sia alla possibilità dei viaggi spaziali sia alla minaccia di annientamento, il subconscio collettivo stava forgiando una nuova narrazione mitica. Jung parlò in proposito di “voci visionarie” o “rumors visionari”: una sorta di diceria collettiva che però si esprime attraverso visioni reali o presunte tali, alimentando se stessa​. Tale mito moderno – gli UFO e i loro occupanti – svolgerebbe una funzione psicologica profonda, fornendo simboli e racconti atti a esprimere le paure e le speranze contemporanee.

Infine, Jung introdusse anche il concetto di sincronicità per spiegare il possibile legame tra la dimensione psichica e quella fisica del fenomeno. Egli ipotizzò che in alcuni casi potesse esserci una coincidenza significativa tra un evento esterno (ad esempio, un fenomeno celeste ancora ignoto) e lo stato psicologico del testimone, quasi una “visione dell’inconscio” che si sincronizza con un fenomeno reale​. In questa prospettiva, un avvistamento UFO autentico potrebbe al tempo stesso essere un fatto oggettivo e un’esperienza soggettiva ricca di significato simbolico, senza che i due aspetti si escludano a vicenda. Questa apertura concettuale faceva sì che Jung venisse citato non solo dagli psicologi, ma persino da alcuni ufologi “eterodossi” interessati a spiegazioni paranormali: entrambi i campi trovavano nel suo saggio spunti su come l’inconscio e la realtà potessero interagire nel produrre l’enigma degli UFO.

Il fenomeno UFO nel contesto del dopoguerra

Guerra Fredda e UFO

L’interpretazione di Jung sugli UFO va compresa all’interno del clima storico e culturale dell’epoca in cui il fenomeno esplose. Siamo alla fine degli anni ’40 e nel corso dei anni ’50: il mondo è uscito da poco dalla devastazione della Seconda Guerra Mondiale ed è entrato immediatamente in un nuovo stato di tensione, la Guerra Fredda. Questo periodo fu segnato da opposte emozioni collettive:

  • Paura apocalittica: L’uso della bomba atomica nel 1945 e il successivo confronto nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica instillano un terrore costante di un possibile olocausto nucleare. La gente vive con l’ombra della distruzione globale, in un clima di incertezza e angoscia.

  • Clima di cospirazione e sospetto: Negli Stati Uniti il maccartismo diffonde paranoia verso nemici interni “invisibili”; a livello internazionale, il mondo si polarizza in blocchi contrapposti. Jung stesso osservò che il pubblico provava “profonde e ansiose apprensioni” e che “il nostro equilibrio psichico collettivo ha qualche problema“. In altre parole, la psiche collettiva era in uno stato di forte tensione, al punto che – notava ironicamente Jung – “ci si poteva aspettare ogni sorta di stranezze” in un’epoca simile.

  • Fascinazione per lo spazio e la tecnologia: Nel contempo, l’era tecnologica offriva nuove prospettive. La fine degli anni ’50 vide l’inizio della corsa allo spazio (il lancio dello Sputnik nel 1957 impressionò il mondo​) e l’idea dei viaggi interplanetari passò dalla fantascienza alla realtà. L’immaginario popolare si popolava di razzi, satelliti e possibilità cosmiche mai prima concepite.

In questo contesto contraddittorio – sospeso tra catastrofe e progresso – il terreno era psicologicamente fertile per la nascita del mito UFO (ne abbiamo già parlato nell’articolo dedicato all’affaire Paul Bennewitz e Richard Doty). Il primo grande caso mediatico avvenne nel giugno 1947, quando il pilota civile Kenneth Arnold riferì di aver visto nove oggetti a forma di disco sfrecciare nei cieli dello stato di Washington. La stampa li battezzò letteralmente “piattini volanti” (flying saucers, “dischi volanti” in italiano) dando il via a un’ondata di avvistamenti in tutto il mondo. Pochi mesi dopo, il misterioso incidente di Roswell (luglio 1947) – con il ritrovamento di presunti resti di un disco volante in New Mexico – consolidò l’idea che “qualcosa” di sconosciuto stesse visitando i nostri cieli. Negli anni successivi si registrarono numerose ondate di avvistamenti: ad esempio, nel 1952 una serie di UFO comparve più volte sopra Washington D.C., persino rilevati dai radar, scatenando clamore; nel 1954 un’ondata di avvistamenti investì l’Europa (Francia e Italia in primis) al punto che alcuni psichiatri parlarono di isteria collettiva. Proprio nel 1954 lo psichiatra francese Georges Heuyer suggerì che la moda dei dischi volanti fosse sintomo di psicosi di massa, alimentata dal clima di insicurezza del dopoguerra​.

Va sottolineato che il fenomeno UFO nacque e crebbe in parallelo alla cultura di massa del tempo. Il tema degli extraterrestri invase presto anche fantascienza, cinema e fumetti, creando un circuito di retroazione tra realtà e immaginazione. Film come Ultimatum alla Terra (1951) presentavano alieni messaggeri di pace preoccupati dall’uso di armi atomiche, mentre altri come La guerra dei mondi (1953) ritraevano invasioni ostili dal cielo – riflessi speculari delle speranze e paure dell’era atomica. Questo immaginario popolare influenzò le aspettative delle persone su cosa fossero gli UFO e come dovessero apparire eventuali alieni. Studi sociologici condotti nei decenni successivi hanno evidenziato che molti racconti di incontri ravvicinati rispecchiano i cliché dei media dell’epoca: ad esempio, la fisionomia degli alieni descritti dai testimoni tendeva a ricalcare quella vista nei film e nei fumetti di poco precedenti​. La presenza di forti somiglianze tra la cultura pop fantascientifica e le testimonianze di avvistamenti/rapimenti UFO è un indizio a supporto dell’ipotesi psicosociale, suggerendo che l’inconscio collettivo spesso “attinge” a immagini già circolanti per dare forma alle proprie visioni.

In sintesi, il dopoguerra offrì il palcoscenico ideale per il mito dei dischi volanti: un’umanità impaurita ma speranzosa, uno spazio appena oltre l’orizzonte pieno di promesse e minacce, e un immaginario nutrito da narrativa fantastica. Jung colse proprio questo legame tra contesto e visione: gli UFO, a suo avviso, erano “segni nei cieli” comparsi in un momento storico di profonda inquietudine, assumendo il ruolo di simboli in grado di dare una forma visibile alle nostre inquietudini invisibili.

Confronto con altre interpretazioni: da Jung a Vallée e Hynek

L’interpretazione junghiana degli UFO come fenomeno psicosociale e simbolico non fu l’unica proposta per spiegare il mistero. Nel corso dei decenni, diversi studiosi – da ufologi a psicologi, da scienziati a sociologi – hanno cercato di capire la natura degli UFO adottando prospettive differenti. In questa sezione confronteremo brevemente l’idea di Jung con quelle di due figure chiave dello studio degli UFO, Jacques Vallée e J. Allen Hynek, per poi accennare agli approcci più recenti della psicologia e sociologia della credenza.

Jacques Vallée: UFO tra folklore, archetipi e “sistema di controllo”

Jacques Vallée (1939-vivente)

Jacques Vallée è un ricercatore franco-americano (informatico e astrofisico di formazione) divenuto uno dei più noti ufologi “eretici”. Fin dagli anni ’60 Vallée si è distinto per la sua critica alla semplice ipotesi extraterrestre (ETH) – l’idea che gli UFO siano veicoli di visitatori dallo spazio – a favore di una visione più complessa e sfumata. In opere come Passport to Magonia (1969) egli ha sottolineato le continuità tra gli UFO moderni e i miti e folklore del passato: le storie di navicelle spaziali e alieni presentano sorprendenti analogie con le leggende di fate, spiriti, demoni e angeli delle epoche pre-moderne. Secondo Vallée, dunque, il fenomeno UFO potrebbe essere una manifestazione contemporanea di qualcosa di più antico – uno stesso “fattore ignoto” che nel Medioevo veniva interpretato come apparizione religiosa o creatura fatata, e oggi come extraterrestre tecnologico​. Questa prospettiva riecheggia in parte l’intuizione junghiana degli UFO come miti moderni e proiezioni archetipiche: entrambi riconoscono che cultura e psiche modellano l’esperienza del misterioso.

Tuttavia, Vallée spinge l’analisi oltre la dimensione psicologica individuale, ipotizzando che dietro il fenomeno vi sia qualcosa di realmente esistente e intelligente, sebbene non necessariamente alieni in senso tradizionale. Una delle sue tesi più famose è quella dell’UFO come sistema di controllo: egli suggerisce che il fenomeno operi come un meccanismo atto a influenzare la coscienza e la società umana, in modo sottile e indiretto​. Attraverso un’analisi di modelli ricorrenti nelle ondate di avvistamenti, Vallée notò che gli UFO sembrano presentarsi seguendo schemi simili al condizionamento operante (rinforzi intermittenti) usato in psicologia per modificare il comportamento​. In The Invisible College (1975) arrivò a proporre che gli UFO “tirino le leve” dell’immaginazione umana, “interagendo con il nostro software” culturale​. Lo scopo ultimo di questo sistema di controllo rimane per lui sconosciuto e forse inconoscibile, ma la sua presenza si tradirebbe attraverso un elemento particolare: l’assurdità. Vallée osservò infatti che molti incontri UFO contengono dettagli illogici o teatrali – un misto di serio e assurdo – come se fossero progettati apposta per sfidare la nostra razionalità. “L’assurdità è una caratteristica essenziale del fenomeno”, afferma Vallée, “gioca con noi, un po’ come farebbe un delfino… È molto più intelligente di noi e usa l’umorismo su un altro livello”​. Questa qualità da “trickster” (imbroglione) fa sì che le storie di UFO vengano spesso respinte dall’establishment scientifico, ma intanto i simboli in esse contenuti filtrano nell’inconscio collettivo, “iniettandosi” nella società. Vallée cita esplicitamente Jung a proposito del “meccanismo di risonanza” tra il simbolo UFO e gli archetipi umani, riconoscendo che Jung aveva già dimostrato come i “segni nel cielo” possano toccare corde profonde nell’inconscio collettivo​.
In definitiva, l’approccio di Jacques Vallée rappresenta un ponte tra l’ipotesi psicosociale e spiegazioni più parafisiche. Egli concorda con Jung che gli UFO abbiano una dimensione simbolica e archetipica potente, ma ritiene anche che il fenomeno non si esaurisca in una proiezione psicologica: potrebbe esserci un agente esterno intelligente (forse interdimensionale, o parte sconosciuta della realtà) che interagisce con l’umanità attraverso il fenomeno UFO. Così, mentre Jung parlava di mito e di inconscio, Vallée parla di un metasistema che coinvolge psiche e materia insieme, orchestrando un enigma che dura da secoli. Questa visione mantiene vivo il mistero UFO, spostandolo dal piano dei dischi volanti extraterrestri a quello di una fenomenologia più ampia, in cui scienza, psicologia e mito si intrecciano.

J. Allen Hynek: dagli “Incontri Ravvicinati” all’approccio scientifico

Josef Allen Hynek (1910-1986)

Se Jung rappresenta l’approccio psicologico e Vallée quello “eretico” e interdisciplinare, J. Allen Hynek incarna la traiettoria dello scienziato che affronta il tema UFO con iniziale scetticismo per poi riconoscerne la portata inspiegata. Hynek era un astronomo americano reclutato dall’Aeronautica USA negli anni ’50 per analizzare i rapporti di avvistamenti nell’ambito dei progetti ufficiali (Project Blue Book e precedenti). Inizialmente il suo compito era trovare spiegazioni astronomiche convenzionali (stelle, pianeti, meteore) per le segnalazioni di UFO, ed egli stesso si considerava dubbioso sull’esistenza di qualunque “disco volante”. Con il tempo però Hynek, esaminando migliaia di casi, dovette ammettere che una percentuale piccola ma consistente di avvistamenti sfidava le spiegazioni tradizionali. Negli anni ’60 cambiò atteggiamento e divenne uno dei principali sostenitori della necessità di uno studio scientifico aperto del fenomeno UFO.
Hynek portò un approccio sistematico: celebre è la sua classificazione degli “Incontri Ravvicinati” (Close Encounters) degli UFO, introdotta nel suo libro The UFO Experience (1972). Egli suddivise gli avvistamenti in varie categorie (Luci Notturne, Disco Diurno, Radar-Visivo, Incontri Ravvicinati del I, II e III Tipo, ecc.) a seconda della vicinanza e degli effetti riscontrati (ad esempio tracce fisiche a terra, interferenze elettromagnetiche, avvistamento di esseri). Questo tentativo di catalogare e dare struttura ai dati sugli UFO riflette l’approccio di Hynek: trattare il fenomeno come oggetto di indagine empirica, raccogliendo testimonianze e riscontri concreti.

Confrontato con l’ipotesi psicosociale, Hynek ebbe un punto di vista differente. Egli era ben consapevole che molti avvistamenti avevano spiegazioni prosaiche o psicologiche (illusioni ottiche, allucinazioni, errori di percezione) e non negò mai l’importanza di filtrare i casi spiegabili. Tuttavia, Hynek sottolineò fortemente la bontà e sanità dei testimoni nei casi inspiegati: spesso si trattava di persone comuni, affidabili e prive di motivi per mentire​. “I testimoni che ho intervistato avrebbero potuto mentire, essere pazzi o vittime di allucinazioni collettive – ma non lo penso”, scrisse, notando come il loro status sociale e la riluttanza a parlare dell’accaduto conferissero credibilità soggettiva alle loro esperienze​. Hynek arrivò a deplorare il ridicolo che circondava l’argomento UFO: la derisione pubblica faceva sì che molta gente preferisse tacere piuttosto che essere bollata come visionaria​. Questo pregiudizio secondo lui non solo era ingiusto, ma privava la ricerca di dati preziosi. In tal senso Hynek riconobbe una componente sociale nel fenomeno UFO – il “fattore del ridicolo” e la pressione culturale – ma al contrario di Jung, vedeva ciò come un ostacolo da rimuovere per arrivare alla verità, più che come parte integrante del fenomeno stesso.

Nel merito della natura degli UFO, Hynek mantenne fino alla fine un’apertura di giudizio. Negli anni ’70, insieme a Vallée (divenuto suo collega e collaboratore), iniziò a contemplare ipotesi alternative all’ETH tradizionale, inclusa la cosiddetta ipotesi interdimensionale. Pur non proponendo una teoria definitiva, lasciò intendere che gli UFO potevano rappresentare un fenomeno multiforme, non riconducibile a un’unica causa. “Oggi non spenderei più un solo minuto sull’argomento UFO se non ritenessi seriamente che il fenomeno sia reale e che valga la pena indagarlo”, affermò Hynek in tarda età​. In un certo senso, Hynek fece il percorso inverso di Jung: partito dall’analisi degli oggetti volanti come astronomo, arrivò a riconoscere che il mistero tocca anche le scienze umane (psicologia, sociologia) e richiede un approccio interdisciplinare. La differenza è che Hynek poneva l’accento sull’enigma da risolvere (cosa sono e da dove vengono gli UFO?), mentre Jung era più interessato al messaggio che il fenomeno porta alla psiche collettiva.

Approcci psicologici e sociologici contemporanei

Nel panorama odierno, l’interpretazione psicosociale inaugurata da Jung continua sotto nuove forme grazie ai contributi della psicologia cognitiva e della sociologia della credenza. La comunità scientifica, nel suo complesso, propende ormai in larga misura per spiegazioni di tipo psicoculturale per la maggior parte degli avvistamenti UFO​. Studi moderni hanno approfondito i meccanismi della percezione e memoria umana che possono essere all’origine di molti fenomeni UFO segnalati:

  • Da un lato, i ricercatori hanno evidenziato come errori di identificazione di stimoli normali (corpi astronomici, aerei, lanterne luminose) possano apparire straordinari in condizioni particolari, complici l’autosuggestione e l’aspettativa. La nostra mente tende a riconoscere schemi anche dove non ce ne sono, e un oggetto confuso visto nel cielo potrebbe essere interpretato come un “disco volante” se uno ha in mente quella possibilità.

  • In altri casi, subentrano fenomeni come allucinazioni o stati alterati di coscienza. Si è riscontrato, ad esempio, che alcune esperienze di rapimento alieno avvengono durante la paralisi del sonno, quando il dormiente è cosciente ma incapacitato nei movimenti e può avere vivide allucinazioni intrise delle sue credenze​. Se una persona crede negli alieni, è probabile che durante una paralisi del sonno veda figure di grigi o astronavi invece di, poniamo, streghe o demoni (figure più comuni in altri contesti culturali).

  • La psicologia della memoria ha anche rivelato la facilità con cui si possono formare falsi ricordi. Sedute di ipnosi regressiva, spesso usate negli anni ’80-’90 per far “ricordare” rapimenti UFO, si sono dimostrate poco affidabili, generando spesso ricordi costruiti più dall’influenza del terapeuta che da eventi reali.

Parallelamente, la sociologia ha studiato il fenomeno UFO come movimento culturale e forma di credenza. Gli ufologi di orientamento psicosociale notano che gli UFO possono essere visti come un vero e proprio mito dei tempi moderni, completo di una comunità di credenti, racconti canonici, eroi (i contattisti o gli addotti) e persino aspetti para-religiosi. Alcuni contattisti negli anni ’50 presentavano gli extraterrestri come messia cosmici venuti a mettere in guardia l’umanità (un esempio celebre è George Adamski e i suoi incontri con presunti venusiani). In decenni più recenti sono nati gruppi e culti (come il movimento Raëliano o Heaven’s Gate) che hanno costruito veri sistemi di fede attorno agli UFO e agli alieni, segno che il fenomeno soddisfa anche bisogni spirituali e identitari. La sociologia della credenza mette in luce come contesto sociale e media influenzino profondamente il modo in cui gli UFO vengono percepiti: per esempio, periodi di forte tensione geopolitica o uscite di film/serie sugli alieni spesso coincidono con picchi di avvistamenti e segnalazioni – quasi che l’attenzione collettiva “crei” il fenomeno, perlomeno nelle sue manifestazioni narrative.

È importante notare che l’ipotesi psicosociale non implica che tutti i casi UFO siano solo allucinazioni o bufale; piuttosto, propone che i fattori umani e culturali siano parte cruciale del fenomeno. Anche qualora esistesse un nucleo inspiegato (un piccolo residuo di casi davvero enigmatici), l’interpretazione psicosociale sostiene che la nostra reazione e interpretazione di quel nucleo è plasmata da psicologia e cultura​. In tal senso, Jung fu un pioniere: egli fu tra i primi a suggerire che per capire i “dischi volanti” dovevamo guardare non solo al cielo, ma anche dentro di noi.

Simboli, archetipi e cultura: il significato junghiano degli UFO

L’ipotesi psicosociale di Jung sulle “cose che si vedono in cielo” ci invita, in ultima analisi, a considerare gli UFO non solo come oggetti di indagine militare o tecnologica, ma come specchi del nostro mondo interiore. In chiave junghiana, gli UFO assolvono a una funzione di specchio archetipico: ci mostrano immagini che provengono dal profondo della psiche collettiva, riflettendo al contempo le tensioni e le speranze della cultura contemporanea. Jung intravide nei dischi volanti una sorta di mandala proiettato nel cielo, un simbolo di totalità apparso in un’epoca di frammentazione e paura​. Proprio come i mandala tradizionali compaiono nei sogni o nelle visioni individuali come segni di un processo di rintegrazione della personalità, così il “mandala cosmico” degli UFO potrebbe rappresentare – a livello collettivo – un tentativo di ricomposizione psichica di fronte al caos della Guerra Fredda e al timore della fine.

Gli avvistamenti di luci e dischi nel cielo, con la loro aura di mistero, hanno anche delle implicazioni quasi spirituali. Jung li chiamò provocatoriamente “angeli tecnologici” o “miracoli per fisici”, evidenziando come gli UFO siano una versione moderna di antiche apparizioni celesti​. Invece di santi o angeli, l’uomo contemporaneo – cresciuto nell’era scientifica – vede astronavi e extraterrestri; ma la funzione psicologica può essere analoga: fornire un segno dall’alto in momenti di smarrimento, un punto focale per il bisogno di significato. Il fatto che le “potenze celesti” invocate dal mito UFO siano equipaggiate con tecnologia (dischi, raggi di luce, esseri di altri pianeti) rispecchia la nostra epoca: il soprannaturale indossa i panni della scienza. In questo senso, gli UFO sono simboli sincretici, a metà strada tra religione e fantascienza, tra il sacro e il tecnologico.

Culturalmente, la lettura junghiana arricchisce la comprensione del perché il fenomeno UFO abbia avuto un impatto così pervasivo. Se milioni di persone, pur non avendo mai visto un UFO, credono nella loro possibilità, è forse perché gli UFO sono diventati una sorta di mito moderno condiviso. Essi incarnano diversi archetipi potenti: il Messia (l’alieno benevolo che porta conoscenza o salvezza), l’Ombra (il nemico sconosciuto che incombe dal cielo), il Sé collettivo (il mandala/universo che ci unisce). Questi significati archetipici emergono chiaramente nelle narrazioni: ad esempio, gli incontri ravvicinati di terzo tipo (contatto con esseri) spesso assumono la forma di rivelazioni o avvertimenti, richiamando il paradigma millenario dell’incontro con il divino o con il demoniaco, riadattato in chiave extraterrestre.

La visione di Jung ci fa anche riflettere sul fatto che, vero o no che sia il disco volante in sé, la realtà psicologica dell’esperienza UFO è genuina e influente. Le emozioni provate dai testimoni – stupore, terrore, estasi, smarrimento – sono autentiche; le conseguenze culturali (movimenti, letteratura, arte, nuovi miti) sono concrete. In altri termini, un UFO può anche essere “solo” un prodotto della psiche, ma se scatena reazioni reali in chi lo vede e nell’opinione pubblica, il suo effetto sulla realtà c’è eccome. Jung avrebbe detto che ignorare questo aspetto significa lasciarsi sfuggire il messaggio simbolico che il nostro inconscio collettivo sta inviando.

In conclusione, l’ipotesi psicosociale di Jung sugli UFO – lungi dall’essere una semplice curiosità storica – apre una prospettiva affascinante e attuale: quella di considerare i fenomeni insoliti come l’espressione di dinamiche psicologiche e culturali profonde. Mentre la scienza continua a scrutare il cielo in cerca di prove tangibili di intelligenze extraterrestri, l’approccio junghiano ci ricorda di non dimenticare di scrutare anche dentro di noi. Forse, indipendentemente dall’esistenza di dischi volanti costruiti da alieni, gli UFO esistono certamente come realtà psichica: un mito moderno che parla del bisogno umano di significato e di trascendenza in un universo che spesso appare freddo e vuoto. E come tutti i miti, anche quello degli UFO ci narra una storia – la nostra storia, fatta di paura e meraviglia di fronte all’ignoto – proiettata sulle stelle che punteggiano il cielo notturno.

Letture consigliate per approfondire:

Fonti e risorse per la stesura:

  • Carl Gustav Jung – Un mito moderno. Le cose che si vedono in cielo (1958), Bollati Boringhieri
  • Carl Gustav Jung – Opere, Vol. 10: Civilizzazione in transizione, Bollati Boringhieri
  • Jacques Vallée – Passport to Magonia: From Folklore to Flying Saucers (1969), Regnery
  • Jacques Vallée – The Invisible College (1975), E.P. Dutton
  • Jacques Vallée – Messengers of Deception (1979), And/Or Press
  • J. Allen Hynek – The UFO Experience: A Scientific Inquiry (1972), Ballantine Books
  • Susan A. Clancy – Abducted: How People Come to Believe They Were Kidnapped by Aliens (2005), Harvard University Press
  • Michael Shermer – Why People Believe Weird Things (1997), W. H. Freeman
  • Thomas E. Bullard – UFO Abductions: The Measure of a Mystery (1987), Fund for UFO Research
  • David J. Hufford – The Terror That Comes in the Night (1982), University of Pennsylvania Press
  • Carl Sagan – The Demon-Haunted World: Science as a Candle in the Dark (1995), Random House
  • John E. Mack – Abduction: Human Encounters with Aliens (1994), Scribner
  • Thomas E. Bullard – Myth and Mystery: The Role of Culture in the UFO Phenomenon (saggio in raccolte ufologiche accademiche)
  • The Black Vault – archivio FOIA su UFO e documenti declassificati
  • NICAP.org – National Investigations Committee on Aerial Phenomena
  • CUFOS.org – Center for UFO Studies (fondato da J. Allen Hynek)
  • Archives.gov – U.S. National Archives (documenti storici su UFO)
  • Magonia.org.uk – blog e archivio storico di analisi psicosociali sul fenomeno UFO
  • JungPage.org – portale di approfondimento sulla psicologia analitica junghiana
  • Skeptic.com – risorse di Michael Shermer e articoli su percezione, scienza e pseudoscienza
  • Bibliotheque Jungienne – archivio online di testi di e su Carl Gustav Jung
  • UFOEvidence.org – raccolta di casi, testimonianze e teorie sull’ipotesi extraterrestre e alternative
  • Academic.edu e JSTOR – per articoli accademici sul mito degli UFO e interpretazioni culturali
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